Per alcuni aspetti The VVitch ricorda il The Village di M. Night Shyamalan, per la messa in scena, per il contesto da "comunità chiusa", per l'incombere minaccioso della foresta che cela pericoli e per il crescendo sul finale per il quale a Shyamalan possiamo riconoscere il guizzo, il colpo di genio (telefonato dirà qualcuno, io non sono d'accordo) del quale il regista è maestro, a Eggers una chiusura d'impatto appagante e che insieme a tutta l'ultima parte del film serve a far perdonare alcune lentezze e cali di ritmo che affliggono l'opera nella prima parte.
1630, New England. Una famiglia d'origine inglese viene cacciata dalla propria comunità a causa del loro eccessivo fervore religioso, una fede così densa del quale il capofamiglia William (Ralph Ineson) è convinto di detenere la giusta visione. Così William con la moglie Katherine (Kate Dickie), la primogenita Thomasin (Anya Taylor-Joy), il più piccolo Caleb (Harvey Scrimshaw), il neonato Sam e i gemellini Mercy (Ellie Grainger) e Jonas (Lucas Dawson) si trasferisce in una piccola fattoria isolata, in una radura ai margini della foresta. La famiglia vive in miseria tentando di far crescere un poco di grano e di ottenere del latte dalle loro capre. Tra tutti Thomasin è la più incerta della propria fede, si sente spesso in dovere di chiedere perdono per quelli che considera peccati, se non le manca la volontà di seguire quella che per l'educazione inculcatagli è la retta via, la ragazza mostra qualche segno di cedimento, difficoltà che tocca anche la madre Katherine che inizia a patire le continue avversità alle quali la famiglia viene sottoposta, avversità provocate dai loro stessi peccati secondo la visione di William. Per i due coniugi e per i bambini ci sono solo Dio da una parte e l'Avversario, il maligno, il demoniaco e la stregoneria dall'altra. Un giorno Thomasin si allontana con il fratellino nato da poco per una passeggiata, un secondo di distrazione e Sam è scomparso, come inghiottito dalla foresta, forse rapito dalla strega del titolo. Questo è solo il primo episodio di una serie di avvenimenti che mineranno l'unione della famiglia, la sua sicurezza e scalfiranno persino la fede in Dio.
I veri spaventi ai quali lo spettatore può andare incontro guardando The VVitch non sono più di un paio (caro vecchio jump scare); è l'atmosfera perturbante a tenerlo in tensione, le strane voci nei boschi, quella vecchia raggrinzita cosparsa di sangue e inquadrata solo di schiena, il confine tra i luoghi del vissuto e la minaccia potenziale rappresentata da una foresta che simboleggia l'ignoto e il pericolo, ciò che non si conosce e che non ci appartiene, il tutto reso più cupo da una fotografia che non illumina mai a pieno i personaggi e la minaccia incombente, sia questa incarnata dal bosco, da una vecchia, da una giovane conturbante o da un ben più classico caprone nero in odore di zolfo. In questo contesto, quando il male si insinua tra i protagonisti del racconto (dopo la scomparsa del neonato), nemmeno l'istituzione familiare può garantire protezione, anzi, è proprio al suo interno che si scatenano paure, rancori, disapprovazione, fallimenti e sensi di colpa. Il legame si sfalda: la madre accusa la figlia maggiore in età di fioritura, figura femminile prossima a sbocciare e in qualche modo minacciosa, quest'ultima con la maturità comprende i fallimenti del padre, innesca pensieri impuri nel fratello più piccolo, spaventa i gemelli e allo stesso tempo ne patisce l'indole burrascosa e in qualche misura anche cattiva. In Caleb la fede scatena per lo più paura dell'Inferno, del dolore, nella madre vacilla sempre più, Katherine si vede maledetta, ma tutto ciò è retaggio dell'educazione religiosa o veramente sta accadendo qualcosa di nefasto?
La famiglia, la fede, il fondamentalismo, l'isolazionismo e le minacce che arrivano dall'esterno... le chiavi di lettura in The VVitch sono molteplici, peccato che in tutta la prima parte del film si avverta un'eccessiva staticità, un senso di lungaggine che in parte ridimensiona l'esito di un film di per sé buono ma che avrebbe potuto colpire ancor più nel segno. Fortunatamente il crescendo finale riscatta tutte le incertezze, salgono i ritmi, le inquietudini e Eggers trova anche una chiusura giusta e d'effetto che non delude e che garantisce al film un'esito finale più che degno. Il demoniaco è sempre argomento delicato capace di turbare, anche in questo tutto sommato il film raggiunge il suo scopo. Bella la rivelazione Anna Taylor-Joy, giovane attrice capace di tenere la scena a dovere e che dopo questo film è stata scelta proprio da Shyamalan per i suoi Split e Glass.
Come dichiarato dal regista, lo spunto per The VVitch arriva dalle fiabe, da quelle favole per bambini che nelle loro versioni originali, ormai lo sappiamo, avevano il cuore terribilmente nero. In effetti gli elementi combaciano.