I Dizzy hanno perso “i denti da latte” (quei Baby Teeth che intitolavano il loro disco d’esordio) e sono diventati grandi. Sono passati, infatti, solo due anni del loro primo album e l’impressione è quella di trovarsi davanti a una band diversa, matura e decisamente più esperta. Baby Teeth non era un brutto disco, per carità, ma palesava quelli che sono spesso i difetti di una band esordiente. L’incertezza di imboccare con decisione una strada, l’eccessiva sudditanza rispetto ai modelli d’ispirazione, una scrittura che suggeriva talento, ma troppo prudente per essere davvero efficace, un repertorio altalenante e non tutto alla stessa altezza.
Eppure, nonostante il frutto acerbo degli inizi, la pianta è cresciuta rigogliosa, si è presa il tempo per irrobustire le radici e prendersi spazio, luce e sole. Il risultato è questo The Sun And Her Scorch, un disco che potremmo definire il fratello maggiore del precedente, che possiede una superiore consapevolezza, che riesce là dove Baby Teeth aveva in parte fallito.
Registrato ai Mechanicland Studios di Quebec e nella cantina della mamma di Katie Munshaw, la frontwoman, The Sun and Her Scorch è stato autoprodotto e mixato da Craig Silvey (Arcade Fire, Florence + The Machine). Le redini del songwriting sono state prese saldamente in mano da Katie Munshaw, che ha spostato l’attenzione delle sue liriche dal mondo dei teenager verso riflessioni più profonde e incentrate sul proprio io interiore. Vulnerabilità, solitudine, tristezza, ma anche un piglio giovanile capace di momenti di ottimismo e speranza.
Il synth pop non molto originale del primo disco (che aveva comunque momenti brillanti) è ora messo maggiormente a fuoco, le melodie sono molto più incisive, l’equilibrio tra luce e penombra, tra paesaggi esposti alla calda luce del sole e derive dolcemente malinconiche è perfettamente realizzato.
Permane una certa ingenuità di fondo, pregio e limite della giovinezza, che nello specifico, però, spesso si traduce in freschezza: impossibile non essere rapiti dal saliscendi carezzevole di Sunflower, dalla melodia cristallina di The Magician, dai vapori malinconici di Ten o dalla tristezza acerba ma toccante di Primrose Hill.
Niente di epocale o rivoluzionario, ci mancherebbe; i ragazzi canadesi, però, hanno abbracciato con decisione una loro propria cifra stilistica e The Sun And Her Scorch è il primo, importante passo per definirla. Il futuro potrebbe riservare grandi sorprese.