Non sono in molti quelli che si ricordano dei Cat Mother & The All Night Newsboys, classico esempio di band a cui il tempo non ha restituito un briciolo di quella gloria che avrebbero meritato ben oltre il periodo in cui furono attivi. Formatesi a New York sul finire del 1967 e successivamente attivi a Mendocino, in California, i Cat Mother furono un progetto nato dall’incontro fra Roy Michaels (voce e basso), appena uscito dall’esperienza degli Au Go Go Singers (con lui c’erano Stephen Stills e Richie Furay), e Bob Smith (voce e tastiere). Ai due si aggiunsero quasi subito William David "Charlie" Chin (voce e chitarra), Larry Packer (chitarra e violino) e Michael Equine (batteria e chitarra). La band inizia a suonare in vari locali di New York, tra cui il mitico Cafè Wha?, e diventa ben presto la house band dell’altrettanto mitico Electric Circus, night club da cui partì la carriera dei Velvet Underground. Il successo vero arriva però solo nel 1969, quando la band inizia a suonare dal vivo un medley di vecchi classici del rock ‘n’ roll dal titolo Good Old Rock’n’Roll. Il brano, in cui i Cat Mother coverizzano, fondendoli fra loro in modo travolgente, Sweet Little Sixteen di Chuck Berry, Long Tall Sally di Little Richards, Chantily Lace di Big Bopper, Whole Lotta Shakin’ Goin’ On di jerry Lee Lewis, Blue Suede Shoes di Carl Perkins e Party Doll di Buddy Knox, diventa un tormentone radiofonico e scala le classifiche di Billboard, piazzandosi al ventunesimo posto. E da qui che inizia la breve carriera dei Cat Mother, che sarà circoscritta a quattro full lenght, il primo dei quali, The Street Giveth and the Street Taketh Away (1969), viene prodotto da un ragazzo di colore che sta facendo la storia della chitarra elettrica: Jimi Hendrix. La collaborazione con Hendrix nasce per volontà del manager della band, Michael Jeffery, che aveva collaborato con Chas Chandler al lancio degli Experience (due anni dopo, Jeffery fu anche accusato della morte di Hendrix da James Tappy Wright, ma questa è un’altra storia). In virtù degli stretti rapporti di collaborazione tra l’uomo d’affari e il chitarrista (rapporti mai idilliaci, peraltro), Jeffery fece aprire i concerti degli Experience dai Cat Mother e la cosa funzionò molto bene, tanto che Hendrix si convinse a mettere mano all’esordio della band newyorkese. Nel disco, tuttavia, la mano del musicista di colore si sente pochissimo, anche perché la proposta musicale della band si muove in territori diversi, più contigui ad un art-rock a volte un po' pretenzioso, in altre decisamente più efficace, come sottolineato anche dalle parole di Lester Bangs: “this is one of those rare albums which knocks you out the very first time you hear it, but sustains itself as well, by virtue of its honest exuberance, lucid musical sensibility and propulsive drive”. Il disco inizia con l’energia travolgente di Old Good Rock’n’Roll, tre minuti basici e dal mood festaiolo, che sembrano aver mandato a memoria la lezione Revival dei Creedence. Favor è un up-tempo psichedelico, con chitarre in acido (i Doors sono dietro l’angolo), un ritornello giocato sull’interplay fra le voci e un lungo assolo in coda. How I Spent My Summer trova asilo in un punto a caso della costa californiana, fra la Los Angeles dei CS&N e la San Francisco dei Jefferson Airplane, Marie è un irresistibile pop song che deraglia nel divertimento puro di un pianoforte da saloon, gli effluvi psichedelici di Can You Dance To It? suonano come la versione americana della coeva Come Togheter (Beatles), mentre la conclusiva e ambiziosa Track In A (Nebraska Night) imbocca la strada tortuosa della sperimentazione, fondendo umori psichedelici, groove doorsiani (con Bob Smith a citare Manzarek) e intuizioni art rock. The Street Giveth and the Street Taketh Away è, in definitiva, un disco che, nonostante alcuni difetti (certe leziosità strumentali, poca coerenza nell’amalgama complessiva), merita di essere riscoperto e non solo per il gancio della produzione di Hendrix. Indubbiamente figli del loro tempo, abili a interpretare con gusto personale i fermenti psichedelici dell’epoca e poi, nei dischi successivi a questo, a imbastire un country rock più convenzionale ma egualmente efficace, i Cat Mother all’esordio si fanno notare per il linguaggio ricercato con cui cercano di affermarsi in un panorama musicale dominato da mostri sacri. Ci sono riusciti solo in parte, con qualche intuizione coraggiosa e con una canzone, Old Good Rock’n’Roll, che li porterà in cima alle classifiche ma che non rappresenta, nemmeno alla lontana, il suono che avevano in testa. Una band ambiziosa, che però non riuscì mai a emergere e che, a poco a poco, spense le proprie velleità sperimentali in un anonimato che dura tutt’oggi. Il disco è stato ristampato e rimasterizzato nel 2013 dalla Universal Record.