Un farabutto, Lee Ving (voce e chitarra), e altri tre ribaldi asociali, Derf Scratch (basso), Philo Cramer (chitarra) e Spit Six (batteria)[1] covano per cinque anni a Los Angeles questo uovo malefico che si schiuderà, maleodorante e leggendario, nel 1982.
Fondati nel 1977 e ignorati per anni, i Fear agitarono le cronache nel 1981 con le partecipazioni al documentario di Penelope Spheeris The Decline of Western Civilization e, soprattutto, ad una puntata del Saturday Night Live negli studi televisivi NBC: invitati da John Belushi, i Fear sbraitano “Beef Bologna”[2] (Ving celebra la predilezione della propria bella per il proprio membro), “New York’s Alright If You Like Saxophones” (in cui si deride la fauna umana e artistica della città, compresi omosessuali, drogati, intellettuali, jazzisti…) e “Let’s Have A War”, quest’ultima decapitata da un’improvvida quanto opportuna inserzione pubblicitaria dopo l’echeggiare delle prime note.
L’ideologia dei Fear è elementare e reazionaria, una versione redneck di: “Quando sento la parola cultura metto mano alla mia Browning”; a ben vedere, tale atteggiamento, tipico di certa provincia profonda, è pienamente riconducibile al dittico zappiano “tette e birra” con accenti, quindi, più crassamente cialtroni che fascisti. Perle iperboliche come “Uccidi tua madre e tuo padre” (“We Destroy The Family”), “Voglio venirti in faccia” (“Fresh Flesh”), “La mia casa… è piena di merda e vomito” (“I Love Livin’ In The City”) e le diverse istigazioni all’azione tour court divengono, d’altra parte, sintomi inconsapevoli di una sociopatia epocale aliena da credi politici e, per ciò stesso, velleitaria e disperata (come dimostrano gli inni esemplari di “No More Nothing” e “I Don’t Care About You”).
I Fear bruciano tale empito in quattordici brevi pezzi (più i quarantacinque secondi di bonus di “Fuck Christmas”), suonati con inaspettata perizia, confezionando una delle mezzorette più memorabili del punk-hardcore californiano.
Privi di ogni pur minimo riferimento culturale o ideologico, esauriti gli eroici e generici furori da berserkers antisistema, i Fear ripiegheranno su un ribellismo, tutto sommato, piccolo borghese e buono per conservare gli ammiratori più sprovveduti della prima ora.
[1] Col tempo si alternarono attorno a Ving numerosi musicisti compreso Flea dei Red Hot Chili Peppers.
[2] Sorta di mortadella di manzo americano, confezionata ad imitazione di quella italiana.