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MAKING MOVIESAL CINEMA
The Plot Against America
Minkie Spiro, Thomas Schlamme
2020  (HBO)
DRAMMATICO SERIE TV
all MAKING MOVIES
23/05/2020
Minkie Spiro, Thomas Schlamme
The Plot Against America
Gli anni '40 saranno anche perfettamente ricostruiti, tra abiti e scenografie che fan perdere la testa, con una cura dei dettagli e una fotografia da applausi ad ogni scena, ma in realtà si parla di e si parla per l'oggi.

Tutti prima o poi si cimentano con i what if della storia.
Lo ha fatto anche Philip Roth immaginando un'America che non scende in campo contro i nazisti, ma anzi ci si allea.
Immaginando la scalata al potere del pilota di aviazione Charles Lindbergh, capace grazie alla sua fama e al non-interventismo (Vota Lindbergh o Vota la guerra!) di sconfiggere Roosevelt alle elezioni, di far valere le sue simpatie tedesche ma soprattutto il suo odio contro gli ebrei.
HBO ha deciso di fare di The Plot Against America una miniserie: 6 episodi per raccontare questa storia alternativa ma tragicamente attuale.
Tutta raccontata dal punto di vista della famiglia Levin, il grande alter ergo della famiglia Roth.
I Levin che vivono in un ghetto sì, ma di loro spontanea volontà, un ghetto che è in realtà un quartiere residenziale di Newark, dove i bambini giocano in strada, dove dopo cena ci si trova fuori casa a discutere delle ultime notizie dei radio e cine-giornali.
Ed è lì che senti la rabbia che cresce, la paura che prende piede, per le ignobili accuse di Lindbergh, per il suo creare consenso.
Lo senti e lo vedi, con gli insulti, le minacce e le svastiche che spuntano e non vengono fermate.
Si urla, allora, in casa Levin, contro quella radio, contro quei nipoti che non capiscono, quei figli che continuano ad idolatrare un Presidente e un rabbino e una zia che hanno voltato le spalle alla famiglia.
Si urla, e in disparte, in un angolo, si trema e si piange.

Perché si può pensare che il protagonista sia Herman Levin (il fisico Morgan Spector) padre e marito indolente, che sta nel giusto ma che non sa che certe volte la verità è meglio non gridarla, non quando è pericolosa. Non a Washington, un episodio terribilmente pieno d'ansia.

O che sia Bess (Zoe Kazan, splendida e fragile roccia di una famiglia), una madre amorevole anche per chi non è suo figlio, che ha paura di rivivere la segregazione, le umiliazioni e cerca di proteggere come può i suoi figli, anche a costo di dare un ceffone come si deve.

O che la protagonista sia Evelyn (una Winona Ryder senza tempo), zitella che trova l'amore e il successo verso chi (un John Turturro da prendere altrettanto a ceffoni) si prostra al successo, al Presidente in persona, senza badare a quello che questo significa.

O che sia quel nipote e cugino (il bel Anthony Boyle), orfano pieno di rabbia, dalle amicizie inaffidabili, dagli intenti eroici che scappa in Canada per uccidere i nazisti con il loro esercito.

Ma in realtà, il protagonista è Philip: bambino indifeso che si trova a tenere segreti più grandi di lui, ad assistere a un momento così complesso, così spaventoso, ad essere responsabile per il destino del suo vicino di casa, a vivere notti peggiori dei suoi giorni, in cui gli incubi lo tormentano.
Lo vedi, questo piccolo protagonista, questo piccolo Roth mascherato, e non puoi che soffrire con lui e per lui.
Sentire il peso della Storia, di quello che è stato fatto, di quello che poteva essere e di quello che in un mondo in cui le ingiustizie e le discriminazioni ancora ci sono, non sembrano fermare gli estremisti più pericolosi.
E allora, questa miniserie ha un significato in più.
Quel finale lieto solo in parte, in cui si piange e si soffre, è un monito.
Gli anni '40 saranno anche perfettamente ricostruiti, tra abiti e scenografie che fan perdere la testa, con una cura dei dettagli e una fotografia da applausi ad ogni scena, ma in realtà si parla di e si parla per l'oggi.
Di elezioni truccate e manipolate, di violenze giustificate e stampa raggirata, di oppositori messi a tacere.
E queste immagini sono appunti di quello che non deve essere.


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