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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
06/11/2023
Live Report
The Murder Capital, 02/11/2023, Circolo Magnolia, Milano
Concerto pazzesco quello dei Murder Capital al Circolo Magnolia. Pubblico entusiasta, setlist equilibrata tra vecchio e nuovo, volumi altissimi e ottima resa sonora del Magnolia. McGovern poi un frontman preciso, magnetico ed espressivo. Se nel post punk ci fosse una gara per la migliore resa live, i Murder Capital potrebbero decisamente vincere il titolo.

Ci è voluto un po’ di tempo ma finalmente anche noi italiani possiamo goderci i Murder Capital in un concerto tutto loro. Erano già venuti all’Ypsigrock ai tempi del primo disco, poi più recentemente li avevamo visti a Rimini in apertura agli Idles. Da headliner, tuttavia, non erano ancora venuti, col sottoscritto che era stato costretto a due trasferte all’estero per vederli in azione.

Adesso, finalmente, si gioca in casa e si gioca in grande: oltre alla data milanese, infatti, ci saranno altri due concerti, a Bologna e a Roma, segno di un interesse che in effetti non avrebbe potuto non crescere, a patto che si avesse pazienza.

Del resto la caratura di un disco come Gigi’s Recovery è tale da spazzare via ogni dubbio. Nell’ormai lungo elenco delle giovani “band con le chitarre” che hanno ripreso a modo loro la lezione abrasiva del Post Punk, i Murder Capital sono indubbiamente tra i migliori, se non proprio i migliori in assoluto (è un tema comunque piuttosto ozioso, dati i parametri implicati e l’enorme peso che la soggettività ha sempre in questi casi).

 

Il Circolo Magnolia è abbastanza pieno anche se lontano dal sold out. Saranno state le tre date, sarà stata la concomitanza di altri concerti la stessa sera (ben sette, comprese cose non esattamente trascurabili come Sisters of Mercy, Jungle ed Alice Phoebe Lou), fattore decisamente penalizzante in un paese dove gli appassionati di musica sono pochissimi, fatto sta che un gruppo così avrebbe meritato decisamente di più.

Ad aprire c’è Soak, ed è una piacevole notizia per me, che l’ho vista dal vivo l’ultima volta nel 2015. Da allora la cantante irlandese ha pubblicato altri due dischi: il discreto mentre l’ultimo If I Never Know You Like This Again, uscito lo scorso anno, me lo sono perso per strada. Sul palco è da sola, accompagnata dalla sua chitarra, e si esibisce in un set in punta di piedi, quasi sussurrato, senza mai forzare la voce e riducendo al minimo l’intensità dello strumento, tanto che anche il chiacchiericcio insistente dei presenti in sala tace per un momento. Il suo è un Alt Folk piuttosto tradizionale, brani che hanno la giusta forza comunicativa, che risultano a tratti anche struggenti, ma che non hanno mai avuto la personalità necessaria per elevarsi al di sopra della media. Rimane brava, certo, ma sempre con quella sensazione di incompiutezza che sarà difficile che si levi di dosso.

 

I Murder Capital arrivano mezz’ora dopo e attaccano con la nuovissima “Heart in a Hole”, possibile antipasto di un nuovo album che non è tuttavia ancora stato annunciato. È forse il brano più melodico da loro composto finora, quello di più facile presa, privo anche di quella cupezza che ha sempre contraddistinto le loro canzoni. È presto per dire se sia il preludio ad una svolta di qualche tipo, ma possiamo dire fin da ora che anche in sede live funzioni benissimo. A seguire, giusto per riequilibrare, ecco la bordata di “More is Less” ed il refrain anthemico di “Return my Head”, quest’ultima in particolare che scatena il pubblico sotto al palco.

Volumi altissimi e resa sonora ottimale (ma nella sua versione indoor il Magnolia non ha mai dato problemi), per una band che dal vivo si conferma una macchina da guerra perfettamente oliata, capace di spingere quando è necessario, ma anche profondamente attenta alle dinamiche, per cui soprattutto gli episodi dell’ultimo disco come “The Lie Becomes the Self”, “A Thousand Lives”, “Crying” e “The Stars Will Leave Their Stage”, che vivono di delicati bilanciamenti e di atmosfere in bilico tra dolcezza e malinconia, vengono rese con un mix davvero superlativo di precisione e intensità, con le chitarre che vanno ad integrarsi alla perfezione coi sintetizzatori e la voce di James McGovern che raggiunge alti gradi di espressività.

È peraltro lui la vera forza del gruppo, senza nulla voler togliere all’efficiente sezione ritmica (Gabriel Paschal Blake al basso, Diarmuid Brennan alla batteria) e a due chitarristi (Damien Tuit e Cathal Roper) che hanno quel pregio insostituibile di fare poche cose e di farle benissimo. McGovern, tuttavia, è di un’altra pasta: preciso nell’esecuzione, frontman navigato dalla personalità magnetica, gestualità ridotta ma grande teatralità e carisma, questa sera oltretutto si lascia andare a qualche sorriso in più, lui che notoriamente gioca molto con le espressioni seriose (è l’emozione di esibirsi in una città nuova, unitamente alla risposta del pubblico, che è stata davvero entusiasta).

 

 

Setlist equilibrata tra vecchio e nuovo, con l’esordio When I Have Fears ben rappresentato, anche di più rispetto alla prima leg del tour, visto che vengono recuperate le splendide “Slow Dance” (entrambe le parti) ed “On Twisted Ground”, con esecuzioni di incredibile cupezza e solennità.

Nel finale, dopo una “Ethel” come sempre intensissima, arriva un devastante trittico dal primo disco: “For Everything”, “Don’t Cling to Life” e “Feeling Fades” vengono sparate in faccia al pubblico a volumi mostruosi, i suoni si fanno violenti e nelle prime file si scatena il pogo, con James McGovern che finisce il concerto con un indiavolato crowdsurfing.

Concerto pazzesco, che per quanto mi riguarda ribadisce quanto avevo già affermato dopo averli visti a Parigi: in un’ipotetica gara per il miglior gruppo di questa nuova scena, a livello di songwriting i Fontaines D.C. sono senza dubbio un passo avanti; per quanto riguarda la resa live, però, in questo momento i Murder Capital non hanno rivali (e sì, anche gli Idles secondo me sono un gradino sotto).

Vedremo come si evolverà. Di sicuro non è vero che questi non siano tempi interessanti, musicalmente parlando.

 

Photo Credits: Lino Brunetti