Schierato a fianco delle ali estreme della sinistra britannica, fondatore insieme a Paul Weller del collettivo Red Wedge, creato per supportare le battaglie del partito laburista durante gli anni bui thatcheriani, Billy Bragg ha saputo dare nuovo vigore alla musica folk attraverso un approccio punk e innervare di rock i muscoli della canzone di protesta. Armato di una nervosa chitarra elettrica e del tipico accento dei sobborghi, il songwriter inglese ha sempre indossato le vesti di un Woody Guthrie urbano, è stato sulle barricate, anche fisicamente, e ha abbracciato le istanze della working class, alternando vigorose strette da combattente ad affettuosi sguardi pervasi di popolare romanticismo.
Dall’agit rock è poi passato alle collaborazioni con i Wilco e Joe Henry, che si sono tuffate a capofitto in tematiche americane, sia che si trattasse di rinverdire l'eredità di Woody Guthrie o raccontare il romanticismo delle ferrovie statunitensi.
The Million Things That Never Happened è il suo primo album da solista dal 2013, un disco che lo trova abbastanza comodamente sistemato in quello che potrebbe essere definita la sua comfort zone, in cui le canzoni spaziano tra soul, folk e country, e l’impegno politico, sempre presente, è però mediato da un sottile senso d’introspezione e di riflessione.
D’altra parte il tempo passa per tutti, Bragg ormai ha più di sessant’anni, ed è ovvio e giusto che lo sguardo sia più pacato, senza che il cuore, tuttavia, abbia smesso di battere forte, sempre e comunque a sinistra.
Potrebbe anche non sembrare ad un primo ascolto, ma The Million Things That Never Happened, nonostante la pienezza dei suoni e qualche passaggio financo brioso, è un album scritto durante la pandemia. Bragg ha composto le canzoni in isolamento (e alcuni brani riflettono questo momento difficile) e poi ha inviato le sue registrazioni ai produttori, Romeo Stodart dei The Magic Numbers e Dave Izumi, che hanno levigato il suono, creando un piccolo gioiello.
Che l’album sia figlio di tempi bui, che impongono profonde riflessioni esistenziali, lo si comprende, ad esempio, ascoltando la splendida "I Will be Your Shield", una canzone che, secondo Bragg, è il cuore e l'anima dell'album, e che parla dei tormenti e della solitudine durante il lockdown, con lo sguardo rivolto agli ultimi, ai più deboli, a coloro che dipendono dalla gentilezza e dall'empatia degli altri per poter sopravvivere. Billy continua a schierarsi, certo, ma se un tempo era la passione a infuocare le canzoni, oggi il mood si fa più riflessivo, meditabondo, malinconico. La sessantina, certo, ma anche il lockdown, che ha finito inevitabilmente per essere il fil rouge prevalente che lega le dodici canzoni in scaletta.
Come in "Lonesome Ocean", una ballata in stile Muscle Shoals, che parla di smarrimento e di sentirsi alla deriva, o in "Good Days And Bad Days", in cui piano e mellotron avvolgo amare riflessioni sull’incerto andamento di questi giorni bui, o ancora di più nella title track, una sorta di triste presa di coscienza di questi tempi dolorosi, amplificata da lacrime di violino, attraverso cui Bragg annota tutte quelle feste familiari e commemorazioni (nascite, matrimoni e funerali) che ci sono state negate a causa della moderna pestilenza.
Non manca ovviamente l’impegno civile e politico, perché Bragg, nonostante uno sguardo più introspettivo sul mondo, non può certo snaturarsi, tacere le proprie idee, disinteressarsi al mondo che lo circonda. "Freedom Don't Come Free" è un divertente brano bluegrass che riflette sull’utopia di certe idee libertarie destinate a fallire, nel southern soul di "The Buck Don't Stop Here No More" Bragg mette alla berlina l'ipocrisia dei leader populisti, in "Mid-Century Modern" analizza la propria passione politica, perché se è vero che le barricate sono un ricordo lontano, la voglia di schierarsi, però, è ancora viva, dal momento che "i ragazzini che tirano giù le statue, mi sfidano a vedere il divario tra l'uomo che sono e l'uomo che voglio essere”, mentre in "Pass It On" l’attenzione si rivolge ai figli, che devono essere educati all’amore, alla tolleranza, al rispetto.
Così, in una sorta di ipotetico passaggio di testimone, non è un caso che il disco si chiuda con la pimpante "Ten Mysterious Photos That Can't Be Explained", scritta insieme al proprio figlio Jack, in cui gli anni barricaderi di Bragg sembrano tornare, come per magia, a risplendere. Una canzone sanguigna, che chiosa un nuovo bellissimo album: riflessivo ma non crudo, mesto ma non furioso, l’onesta evoluzione di un ex giovane militante che si è trasformato in uomo saggio, consapevole che le parole possono comunque centrare il bersaglio, anche se al fumo delle barricate, oggi, preferiscono la strada del cuore. Un po' indietro rispetto alla mischia, forse più placido, ma sempre al nostro fianco nella battaglia per la vita.