Quando nel 1988 entra in studio per registrare Tender Prey, Nick Cave sta camminando sull’orlo del precipizio: sarebbe sufficiente un soffio di vento per farlo precipitare nell’abisso. Il male oscuro del rocker australiano si chiama eroina. Fin dai tempi dei Birthday Party, ne assume in continuazione e in quantitativi industriali. Non è l’artista a pagarne le conseguenze (Cave rilascia un disco più bello dell’altro), bensì l’uomo, che è diventato irrazionale, violento, sempre più in balia dei propri fantasmi.
Quando manca un mese all’uscita del disco, Cave viene arrestato per possesso di eroina (884 grammi!) e condannato a diciotto mesi di reclusione, poi commutati in un periodo di disintossicazione forzata. Sono giorni travagliati e dolorosi, giorni di lacrime e sangue, in cui il cantante combatte una battaglia impari contro l’astinenza e il male di vivere.
Ne riemergerà vincitore, raccontando la propria rinascita (New Morning) e il proprio travaglio interiore nelle dieci canzoni che compongono Tender Prey. Non semplicemente un disco, ma il disco: il percorso dalla tenebra alla luce, da “un letto di malato e insonne” (Garcia Lorca) fino alla speranza della guarigione e della resurrezione. Il sacro e il profano, il divino e il blasfemo, il diavolo che morde forte alla gola con le lusinghe dell’eroina, il giogo dal quale è impossibile liberarsi se non attraverso la misericordia di Dio.
The Mercy Seat, il blaterare confuso di un condannato a morte che prende coscienza, nota dopo nota, dei propri peccati, è l’emblema di questa lotta fra il bene e il male (La mia mano assassina si chiama M.A.L.E. / Porta una fascia nuziale che è B.E.N.E. / Sono i ceppi dell'eterna sofferenza che incatenano tutto quel sangue ribelle).
La Sedia Della Pietà rappresenta i due volti della giustizia: quella umana, la sedia elettrica, che elimina fisicamente il criminale in funzione retributiva verso le vittime (E il trono di misericordia attende / E credo che la mia testa bruci / E in un certo senso ho una gran voglia / Di farla finita con questa prova della verità / Vita per vita / Verità per verità”), e quella divina, il trono di Dio, che attende l’uomo e forse saprà perdonare (Nei cieli il Suo trono è fatto d'oro/ E l'arca del Suo testamento è ben custodita / Da quel trono, mi è stato detto / Discende tutta la storia / Quaggiù ci sono soltanto legno e cavi / E il mio corpo va a fuoco / E Dio non è mai lontano).
Il peccatore Cave, orgogliosamente consapevole e sicuro di inizio canzone (Occhio per occhio / Dente per dente/ E comunque ho detto la verità / E non ho paura di morire), crolla progressivamente innanzi al tormento del dubbio (E in certo senso contribuisco / A farla finita con questa distorsione della verità / Menzogna per menzogna / Verità per verità”), fino all’agghiacciante resipiscenza finale (Occhio per occhio / Dente per dente / E comunque ho detto la verità / Ma ho paura di avere mentito). Protagonista della canzone è l’ancestrale paura dell’uomo verso la morte, il timore dell’ignoto e delle tenebre, il dubbio che, forse, un giorno, quando renderemo l’anima a Dio, dovremo anche assumerci le responsabilità dei nostri peccato. A proposito della canzone, in seguito Cave ebbe a dichiarare: “Non mi sento più così arrogante riguardo alla morte come lo ero una volta. Mi sveglio in preda a un folle panico, per la morte che si avvicina”.
La canzone venne reinterpretata nel 2000 da Johnny Cash e la cover si trova nell’album American III: Solitary Man. Il vecchio Cash, ormai al limitare della propria esistenza (morirà tre anni dopo al Baptist Hospital di Nashville), mise a fuoco la melodia del brano, carezzandola di intimismo e trasformando The Mercy Seat in una struggente litania del perdono e in una malinconica riflessione sulla vita e sulla morte.