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The Lonesome Death Of Hattie Carroll
Bob Dylan
1964  (Columbia Records)
CLASSIC ROCK
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19/03/2018
Bob Dylan
The Lonesome Death Of Hattie Carroll
Questa storia di sangue, violenza e razzismo, sarebbe rimasta sconosciuta ai più se Bob Dylan, nel 1964, non l’avesse raccontata in una canzone dal titolo The Lonesome Death Of Hattie Carroll, inserita nel suo terzo album, il bellissimo The Times They Are A - Changhin’.

Hattie Carroll ha cinquantun’anni e undici figli da mantenere. Vive a Baltimora nel Maryland e lavora come cameriera all’Hotel Emerson. E’ un lavoro massacrante, senza orari, con una paga appena sufficiente a sfamare la famiglia. Eppure, Hattie non si lamenta mai, fa il suo dovere con dignità ed è benvoluta da tutti.

La sera del 9 febbraio del 1963, William Devereux Zantzinger, un giovane bianco di 24 anni, proprietario di una piantagione di tabacco, entra nel bar dell’albergo. E’ un uomo ricco, conosciuto da tutti per la sua arroganza e soprattutto, quella sera, è anche molto ubriaco. Si siede al bancone del bar e ordina da bere proprio a Hattie. La sala è affollata, e ci sono tante ordinazioni da smaltire. Hattie corre da un lato all’altro del bar, serve ai tavoli, cerca di soddisfare tutte le richieste il più velocemente possibile. Non abbastanza per Zantzinger, però, che urla e dà in escandescenze, pretendendo di essere servito prima degli altri.

Quando Hattie si avvicina a lui, provando a scusarsi, Zantzinger prima l’apostrofa chiamandola “sporca negra”, poi la colpisce al volto con un bastone. Il colpo è violentissimo, Hattie, spaventata, piange, poi sta male e, quindi, perde i sensi. Non si sveglierà mai più, e il giorno successivo morirà a causa di una grave emorragia cerebrale.

Zantzinger viene imputato di omicidio volontario, ma grazie all’abilità dei suoi avvocati e alla compiacenza dei giudici, è condannato a una pena di soli sei mesi, e dopo averne scontati tre, viene rilasciato per buona condotta. Dopo la scandalosa sentenza, il New York Herald Tribune sostenne che la condanna fu ridotta a bella posta per evitare che il ricco proprietario terriero la scontasse in una prigione di Stato, rischiando così la vendetta dei detenuti afro-americani.

Zantzinger, infatti, scontò la condanna in relativa sicurezza nella prigione locale della contea di Washington. Una volta scarcerato, continuò a vivere nei dintorni di Baltimora, fino a quando, nel 1991, fu nuovamente condannato a 18 mesi di carcere per truffa (riscuoteva l'affitto da alcuni poveracci per degli appartamenti fatiscenti che non erano più di sua proprietà). Morì il 3 gennaio del 2009, all’età di 69 anni, per cause non accertate.

Questa storia di sangue, violenza e razzismo, sarebbe rimasta sconosciuta ai più se Bob Dylan, nel 1964, non l’avesse raccontata in una canzone dal titolo The Lonesome Death Of Hattie Carroll, inserita nel suo terzo album, il bellissimo The Times They Are A - Changhin’. Il brano, che non contiene mai nessun esplicito riferimento al colore della pelle di Hattie, racconta tuttavia senza sconti e con versi sferzanti e rabbiosi l’intera storia, citando nomi e cognomi, e sviluppando un durissimo j’accuse nei confronti del perbenismo di facciata, delle discriminazioni razziali e di una giustizia che troppo spesso si piega innanzi all’arroganza del potente.

Zantzingler, che dopo l’uscita di The Lonesome Death Of Hattie Carroll, definì Dylan un “insignificante figlio di puttana”, probabilmente comprese che quella canzone sarebbe stata una condanna molto più dura della prigione: era riuscito a sfuggire al giudizio della legge, ma Dylan l’aveva inchiodato per sempre alle sue responsabilità.