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REVIEWSLE RECENSIONI
24/06/2020
The Ghost Inside
The Ghost Inside
Metalcore californiano. Un’etica basata sulla forza interiore, la solidarietà e la determinazione. Il rifiuto di essere definiti dalla sofferenza. I The Ghost Inside sono tornati più forti di prima e questo è il loro manifesto.

Un album omonimo è quasi sempre un segnale, la necessità per un artista di riaffermare se stesso e la propria identità, un modo per dire: questo sono io. Dietro ad una simile decisione ci possono essere le storie e le motivazioni più diverse, ma in questo caso la scelta è stata quanto mai necessaria.

I Ghost Inside esistono dal 2004, uniti da una comune passione per la scena metal e quella hardcore, formati a El Segundo, una delle città costiere ormai assorbite dalla metropoli di Los Angeles. Nel giro di dieci anni hanno pubblicato quattro album in studio, Fury and the Fallen Ones (2008), Returners (2010), Get What You Give (2012), Dear Youth (2014), arrivando ad entrare nella classifica della Billboard 200, calcare grandi palchi e ricevere oneri e onori dalla scena metalcore americana e mondiale.

Una storia in ascesa come tante, tragicamente interrotta nel novembre del 2015, quando l’intera band ha subito un violento incidente in autobus. Il tour bus della band si scontrò con un rimorchio mentre si dirigeva in Arizona. I conducenti di entrambi i veicoli morirono, mentre le restanti dieci persone sull'autobus sopravvissero, riportando lesioni multiple a diversi livelli di criticità. Jonathan Vigil (voce) si fratturò le vertebre e le caviglie, Zach Johnson (chitarra) fu sottoposto a più di una dozzina di interventi chirurgici e il batterista Andrew Tkaczyk, dopo un coma di dieci giorni, perse una gamba.

Dopo un’esperienza del genere qualunque band avrebbe potuto decidere di mollare o di cambiare parte dei suoi componenti a causa del lungo e forse irrecuperabile periodo di ripresa. I Ghost Inside no. Nel 2019, dopo quattro anni dall’incidente, iniziarono a lavorare a nuova musica e organizzarono uno spettacolo di ritorno, che andò esaurito nel giro di 4 minuti. Arriva il 2020 ed eccoci qui, contro ogni possibile aspettativa e probabilità, Jonathan, Chris, Zach, Jim e Andrew ci regalano e si regalano un nuovo album: The Ghost Inside.

Creato con il produttore Will Putney (Body Count, Stray From The Path, Counterparts) e l'amico e collaboratore Jeremy McKinnon degli A Day To Remember, The Ghost Inside è composto da 11 canzoni per quasi 40 minuti di metalcore e hardcore senza tregua, di potenti e pesanti riff, riflessive e intime pennellate di melodia e urla aggressive, che gridano a pieni polmoni la speranza ritrovata e la determinazione mai persa.

L’obiettivo è uno: buttare fuori tutto quello che è accaduto negli ultimi cinque anni, descriverlo, renderlo accessibile a chi lo ascolta e mettere un punto a quanto passato in quel capitolo della loro vita, di modo da non essere più definiti solo dalla sofferenza o da quel tragico giorno ma poter guardare di nuovo oltre, ad un futuro meritato e ancora da vivere, insieme.

«Oggi mi sono svegliato con un me tutto nuovo, libero dai tempi della tragedia. Quattro anni per trovare chiarezza. E ora sono proprio dove devo essere. Cadi, ti alzi. Non hai mai mollato. Ho trovato la mia strada attraverso la notte più buia, non potevo arrendermi: è tempo di vivere. A tutto ciò che ho detto che ho lasciato dietro: ancora vivo. Ho parlato alla morte e le ho detto che ci saremmo incontrati di nuovo. Non è il mio momento, non è la fine» (“Still Alive”)

«Il futuro davanti a me non è lastricato d'oro. Alla ricerca della stabilità, lungo una strada sconosciuta. Urlare al cielo "non mi libererai", sputare in faccia al mio destino. Non sei vivo se non ti liberi. Una possibilità, una scelta: inizia da me. Non mi piegherò, non mi spezzerò. Nei giorni più bui, io ricordo, sopravvivo, non mi arrendo» (“One Choice”)


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