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REVIEWSLE RECENSIONI
30/11/2022
Skid Row
The Gang's All Here
Dopo diciotto anni di assenza, tornano gli Skid Row, con un vibrante pugno di canzoni dal suono immediatamente riconoscibile ma non datato.

Quando s’invecchia, la nostalgia diventa una brutta bestia da tenere sotto controllo. Così, per chi ci è stato, ripensare a quel periodo che va dalla fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, produce inevitabili languori malinconici, e una lacrimuccia scende, quando tornano in mente le straordinarie band hair/glam metal che tenevano saldamente in pugno la scena musicale del tempo, dalla California fino alle propaggini più estreme dell’Europa del nord.

Per cinque anni, grazie a una tripletta di dischi straordinaria (l’esordio mainstream del 1989, e i più duri Slave To The Grind del 1991 e Subhuman Race del 1995) sembrava che gli Skid Row avessero il mondo ai loro piedi e fossero a un passo per entrare nella leggenda. E invece, arrivò lo tsunami del grunge che spazzò via ogni altra forma vivente dal pianeta rock. Ritornati, poi, sulle scene negli anni ’00, con due dischi francamente prescindibili, la band originaria del New Jersey sembrava destinata ad imboccare il viale del tramonto di un’anonima mediocrità.

Le cose, però, cambiano, il tempo passa, e si presentano nuove possibilità. Così, oggi, gli Skid Row sono tornati più affamati che mai e, come recita il titolo di questo sesto album in studio, The Gang’s All Here. Senza Sebastian Bach, che ha mollato nel 1996 (sostituito dal compianto Johnny Solinger) ma con la nuova entrata nella line up del cantante Erik Gronwall (H.E.A.T.), un’ugola straordinaria per potenza ed estensione, capace di non far rimpiangere l’iconico frontman, e autentico propellente delle dieci, quasi tutte tiratissime, canzoni in scaletta.

La prima metà del disco riesuma la potenza incendiaria di "Slave To The Grind", una sorta di dichiarazione d’intenti su come fermare il tempo ai giorni di gloria: “Siamo tornati e siamo più incendiari di prima!”. "Hell Or High Water" è una partenza con l’acceleratore a tavoletta e ti ricorda all'istante perché, un tempo, amavi così tanto gli Skid Row: un tripudio di riff con il coltello fra i denti, la sezione ritmica che mena usque ad finem, grandi ritornelli, e fin dall'inizio, uno strepitoso Gronwall, che fa sentire la sua presenza, inserendosi nel meccanismo come se ne avesse sempre fatto parte. L'attitudine punk di "Not Dead Yet" scortica la pelle, mentre le linee di chitarra tonitruanti di "Resurrected", ci ricordano che anni fa gli Skid Row se la giocavano ad armi pari con autentiche istituzioni come Guns n’ Roses e Iron Maiden. Il passo minaccioso di "Time Bomb", sorretta da una vigorosa linea di basso che sfocia in un ritornello irresistibile, e la sferragliante velocità della title track, completano un cinquina di canzoni da urlo.

La seconda metà del disco, pur rimanendo su ottimi livelli, suona un po' meno affilata, e vede gli Skid Row staccarsi un po' dal loro passato, con tre brani comunque trascinanti come "Nowhere Fast", "Tear It Down" e "World On Fire", e il glam metal di "When the Lights Come On", con quel giro di basso che ti perfora le tempie e ti conduce a fare una passeggiata lungo la Sunset Strip di Los Angeles a fine anni '80 (la performance di Gronwall, qui, è da standing ovation). C’è anche un grande lento, "October’s Song", la classica ballata che rallenta i giri del motore e che sotto il palco accenderà centinaia di accendini nella notte, come merita ogni rituale rock che si rispetti.

Dopo diciotto anni di assenza, viene da chiedersi, è questo il disco che ci potevamo aspettare dagli Skid Row? La risposta, è ovviamente si. Non si tratta di una rivoluzione, certo, e qui non c’è nulla di nuovo che faccia sollevare il sopracciglio per la sorpresa. Tuttavia, un’evoluzione c’è stata (la scintilla che accende il fuoco è senz’altro la presenza di Gronwall), e i fan della prima ora troveranno, in questo ritorno, un pugno di canzoni famigliari senza, che però, suonino datate. Perché, in fin dei conti, non è solo nostalgia quella che suona in The Gang’s All Here. Ben ritrovati, ragazzacci!