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MAKING MOVIESAL CINEMA
The Escape
Dominic Savage
2017  (Fil Rouge Media)
DRAMMATICO
all MAKING MOVIES
19/07/2018
Dominic Savage
The Escape
Tara ha 30 anni e ha tutto. Ha tutto, ma non è abbastanza.

Tara ha 30 anni e ha tutto.
Ha un marito che la ama e la desidera, che lavora a tempo pieno, fa carriera e si arricchisce, ha due bambini di cui prendersi cura, una casa in periferia con tanto di portico e giardino da tenere in ordine.
Ha tutto, ma non è abbastanza.
Non per lei, che si sente schiacciata da questa presunta perfezione, che non respira al mattino per non dover subire le avance di quel marito, che si sente sola, vuota, quando i bambini sono a scuola, quando i bambini sono a casa. Sente la sua vita scorrerle via mentre è dentro questa prigione, e ad uscire sono solo lacrime, sguardi spenti, tenuti nascosti.
Un libro, però, le apre una porta.

Una fuga a Londra, prima di tutto, lontano da quel grigiore che è la periferia, lì dove c'è diversità, c'è cultura. È un libro d'arte, su un arazzo (The Lady and the Unicorn), che la incanta.
E un po' la sprona: ad aprirsi, a dichiarare fra le lacrime a quel marito che non è felice, che ha bisogno di altro, di ritrovare se stessa, magari proprio attraverso l'arte. Ma il rapporto è logoro, la mentalità diversa, le apparenze più importanti e quel marito non capisce il bisogno di spazio, di comprensione, non capisce che il soffocamento è già in atto, e quel senso di maternità che Tara sperava di acquisire con il tempo, non è mai arrivato.
All'apice di quel soffocamento, in una mattina che sembra come tutte le altre ma che tra bisticci, lacrime e pianti, non lo è, la famosa goccia arriva, il vaso trabocca e Tara scappa. Prende un treno, quel treno che ha osservato per giorni, e arriva a Parigi, cercando un'avventura, quell'arazzo, fondamentalmente se stessa.
Non è una storia semplice quella che Dominic Savage ci racconta.
È la storia di una famiglia che si spezza, di una depressione latente, di un qualcosa che già di per sé sembra innaturale: una madre che non si sente madre, che abbandona il suo nido, i suoi piccoli.
Una scelta socialmente non accettata, ma una scelta che Savage e soprattutto la splendida Gemma Arterton giustificano, mostrano, cercano di spiegare senza giudizi, senza filtri.
E si soffre, allora, si piange come piange Tara, in modo silenzioso, incapace di prendere una decisione, di accettare quella che sembra già presa. La si sente trattenere il respiro, si sente quel respiro che si spezza, si ha pietà per quel marito che cerca di capire ma che non può in realtà aiutare.
La fuga a Parigi forse procede veloce, forse esagera in quell'avventura che è un ennesimo scacco matto, e in quella risoluzione veloce e azzardata mal gestita a livello di sceneggiatura.
Ma questi piccoli scivoloni non tolgono intensità a una pellicola che fa provare dolore e claustrofobia, porta luce in scelte e in famiglie apparentemente perfette, dando a Gemma Arterton forse il ruolo migliore della carriera, di certo il più sentito, e con un canovaccio a far da guida e l'improvvisazione a prendere piede, l'alchimia con Dominic Cooper è ancor più naturale.
Proprio come il leitmotiv di quel piano che compone la colonna sonora, malinconico, trattenuto e a suo modo romantico, The Escape sa come rimanere impresso e come colpire al cuore, lasciando occhi gonfi, lacrime sincere come strascico. E una consapevolezza in più.