Il tramonto in noi. Questo il titolo che i Converge hanno dato alla loro ultima fatica. Cosa succede quando subiamo il processo del tramonto dentro di noi? Cosa proviamo? Quali luci e quali ombre popolano il nostro animo? Bannon e soci, dopo 27 anni di carriera alle spalle, rispondono con mitragliate sonore, testi riflessivi, mood crepuscolari e una maturità sorprendente.
Paladini dell’hardcore e del metalcore, i quattro presentano anche questa volta un’architettura sonora al limite della follia, grazie alle urla esasperate di Jacob Bannon e alle incredibili chitarre di Kurt Ballou. La produzione è sempre impeccabile, merito dello stesso Ballou, che riesce mantenere la sporcizia, l’insanità e la distorsione del disco, garantendo al tempo stesso una nitidezza e una pulizia notevole al suono di ogni strumento. L’artwork invece, è sempre firmato Bannon: quale garanzia migliore che anche l’estetica rispecchi il messaggio?
Quello che offrono i Converge è un maelstrom sonoro, una caduta in un abisso mai banale. Lacerante, evocativo, emotivo e talvolta schizofrenico, è un ascolto che si inietta direttamente endovena, scordandosi di passare per le orecchie. La lotta e la rabbia della band non sono più dirette all’esterno, ma rivolte all’interno. Il gorgo porta fino agli abissi dell’interiorità, dove ognuno è destinato a confrontarsi con i demoni che lo divorano, ma da cui i quattro stregoni di Salem riemergono, esorcizzando ogni mostro dopo averlo guardato negli occhi, averlo accettato, e averlo sputato in musica.
Gli episodi brutali sono molti, taglienti e articolati, ma sempre organizzati con un controllo al limite della follia, ad un centimetro dal caos (“Arkhipov Calm”, “Under Duress”, “Eye of the Quarrel” e “Cannibals” solo per citarne alcuni). Forse meno brutali ma sempre da pugno nello stomaco canzoni come “Trigger”, che merita evidenza per i ricami sonori del basso di Nate Newton, padrone del brano fin dall’incipit, o “Broken By Light”, ulteriore occasione in cui l’ottima batteria di Ben Koller decide di farsi sentire con meritata irruenza.
Nella categoria sperimentazioni crepuscolari invece, si apre la parentesi più interessante, perché la ferocia mostra la sua vulnerabilità emotiva con una maturità ed un controllo impressionanti. In “The Dusk in Us” e “Thousand of Miles Between Us” il tiro dell’album rallenta, ma diminuire la furia non fa che rendere la disperazione lacerante più profonda e subdola, tanto da percepirla nelle vene e sin dentro al petto. Negli oltre sette minuti di “The Dusk in Us” è difficile non sentire quasi le lacrime agli occhi quando Bannon (a suo agio anche con un cantato suadente) chiede di mettere da parte tutte le paure che ci nidificano dentro, di superare il conflitto e prendere il controllo, per sopravvivere ad una vita che non sarà sempre giusta, ma per cui non bisogna mai smettere di lottare.
Cosa succede quindi alla fine del tramonto? Cosa accade al nostro animo quando intravede le tenebre all’orizzonte? Affronta i mostri che vi si nascondono, lotta nel caos, riflette nelle pieghe della propria esperienza e urla fino a che ha forza. Poi vede l’alba e si rialza, riemerge e lotta ancora, ma con più consapevolezza, più coraggio e una nuova forza.
I Converge hanno attraversato il processo e hanno prodotto uno degli album più belli del 2017, dimostrando ancora una volta tutto il loro valore e lanciando una provocazione a chiunque li ascolti. E tu, dal tramonto che scende su di te, come ne esci?