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REVIEWSLE RECENSIONI
26/03/2019
L.A. Guns
The Devil You Know
Questo nuovo The Devil You Know è anche meglio del suo predecessore e, in assoluto, è un disco che spacca, dalla prima all’ultima canzone

Dopo pause, diaspore, cambi di formazione e litigi apparentemente insanabili, gli L.A. Guns sono tornati un progetto stabile, una band che sa cosa vuole e, soprattutto, che sa come ottenerlo. Era già chiaro nel precedente The Missing Peace del 2017, in cui fin dal titolo e dalla copertina il gruppo esorcizzava il passato burrascoso, tenendo lo sguardo rivolto saldamente verso il futuro. Un disco che era qualcosa in più di un gradito ritorno e colpiva per una rinnovata verve che sembra ricondurre agli anni migliori della loro storia.

D’altra parte, Phil Lewis e Tracii Guns, a dispetto dei reciproci e frequenti sfanculamenti, se riescono a non mettersi le mani addosso, sono ancora in grado di interpretare al meglio quel genere che le enciclopedie classificano con il termine sleaze (o street rock, che dir si voglia). Di anni, è di tutta evidenza, ne sono passati parecchi: una trentina dall’omonimo esordio del 1988, qualcuno in meno da quel gioiello di audacia che porta il titolo di Hollywood Vampires (1991). Nonostante ciò, nonostante la tinta per capelli e il ricorso al botulino, quei due, anche se probabilmente stanno insieme per tornaconto economico, i dischi li sanno fare e bene.

Questo nuovo The Devil You Know è anche meglio del suo predecessore e, in assoluto, è un disco che spacca, dalla prima all’ultima canzone, tanto che i trent’anni di cui sopra sembrano solo ed esclusivamente un mero dato anagrafico. In un periodo in cui anche i suoni più duri vengono ammorbiditi per esigenze di mercato, gli L.A.Guns continuano a randellare senza pietà, sporcano il suono come se si fosse ancora sul Sunset Strip negli anni’80. Così, quando arriva un po' di melodia (Gone Honey, la ruvida ballata Another Season In Hell) i padiglioni auricolari quasi tirano un sospiro di sollievo.

Voce graffiante, e che voce, riff potentissimi, repentini cambi tempo, e impetuosi assoli di chitarra al fulmicotone, sono un repertorio che i Guns sanno gestire alla grande. Così, sono davvero pochi i momenti, quelli già citati peraltro, in cui il passo rallenta una corsa altrimenti a rotta di collo. A cominciare dallo stridore punk rock dell’iniziale Rage, un titolo un programma, per proseguire con gli echi zeppeliniani di Loaded Bomb, con la superba Don’t Need To Win, riff alla Ac/Dc in salsa sleaze, o con lo street metal più classico di Needle To The Bone, autentica fucilata sugli zebedei, le casse non smettono di vomitare agguerritissime ondate di decibel.

Non c’è una virgola fuori posto in questo The Devil You Know, che continua a esprimere un’energia rara per gente che, a prescindere dalla gloria passata, porta ora sul groppone più di cinquanta primavere (per Phil Lewis, a dire il vero, sono più di sessanta). Chi ancora all’uscita del precedente The Missing Peace aveva dubbi circa la validità di questo nuovo corso o riteneva la reunion fra Guns e Lewis solo il tentativo di sfruttare un brand arcinoto, può dirsi definitivamente servito. Gran disco.