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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
30/09/2024
The Crickets
The Crickets and Their Buddies
Ascoltare queste bellissime reinterpretazioni evidenzia ancora una volta l’immenso talento e la contemporaneità di Buddy Holly. “The Crickets and Their Buddies”, ecco a voi un altro bellissimo disco da rispolverare.

«Eravamo gli Hollies. Ci chiamavamo come Buddy Holly, era uno di noi. Portava giacca e cravatta e aveva gli occhiali. Non era come Elvis, che si lisciava i capelli all'indietro e scuoteva il sedere e cose del genere. Non era uno di quelli. Ricordo chiaramente che quando Allan (Clarke ndr) ed io abbiamo saputo che era morto, ci siamo messi a piangere per strada».

Estratto da intervista a Graham Nash su bbc.co.uk, “Eight things we learned from Graham Nash’s desert island discs”.

 

Scomparso a soli ventidue anni il 3 febbraio del 1959, in quel maledetto incidente aereo ove persero la vita pure Ritchie Valens e The Big Bopper, nel giorno ricordato come “The day the music died”, nella sua breve, ma intensa carriera Buddy Holly ha contribuito in modo determinante a fare la storia del rock. Non sorprendono, quindi, i numerosi tributi realizzati e le iniziative anche più intraprendenti svoltesi durante tutto questo tempo. Forse, fra le tante pubblicazioni date alle stampe, quella che maggiormente colpisce è The Crickets and Their Buddies, dell’ormai lontano 2004.

Sono parecchie le particolarità dell’album: spicca innanzitutto la presenza, come si evince dal titolo, dei Crickets in carne e ossa, ovvero Joe Benson Mauldin, Jerry Ivan Allison e Sonny Curtis, la meravigliosa backing band di Buddy, coadiuvata dalle tastiere di Glen D. Hardin e dal virtuoso della sei corde Albert Lee. A questi leggendari personaggi si aggiungono poi alcuni ospiti veramente azzeccati, che rendono speciali le quindici canzoni presenti in tracklist.

Si comincia con tre classici da groppo in gola del calibro di “That’ll Be the Day”, con Rodney Crowell, “Rave On”, interpretata da Phil & Jason Everly e “Not Fade Away”,  con Tonio K. e Peter Case sugli scudi. Ma la prima vera perla del disco è la malinconica “Someone, Someone”, resa speciale da uno dei più grandi fan di Holly, Mr. Slowhand Clapton, pazzamente innamorato di questo artista e del suo gruppo fin dalla metà dei Cinquanta, quando era ancora un ragazzino. Eric ha riletto in chiave psichedelica “Well All Right” (in quest’opera ben interpretata da un instancabile Waylon Jennings) con i Blind Faith tanto tempo fa, nel 1969, e ha suonato la chitarra in due brani di Rockin' 50's Rock'n'Roll, pubblicato dai Crickets a fine 1970. Ora il cerchio si chiude con “Someone, Someone”, primo singolo realizzato dai “grilli” dopo la morte di Holly, in cui l’autore di “Layla” lascia fuoriuscire tutti i suoi blues, sia dalla voce che dalla sei corde.

 

L’album prosegue fluido con la dolcezza dello standard “Everyday”, in una versione strappalacrime di J.D Souther, e con la grazia di Nanci Griffith in “Heartbeat”, offrendo pure la possibilità ai Crickets di cimentarsi senza ospiti in un interessante pezzo composto per l’occasione, “The Real Buddy Holly Story”, dal titolo già tutto un programma, e nella ripresa di un grande successo di Leo Sayer, “Love More Than I Can Say”, scritto nel 1960 proprio dal duo Allison/Curtis.

Bobby Vee incanta in “Blue Days, Black Nights”, Albert Lee eleva ancor più la già bellissima “Learning the Game”, mentre un altro pezzo da novanta è “Think It Over” con Graham Nash e il mai troppo compianto Bobby Keys al sax. Si tratta di un brano leggendario, che nel 1958 ottiene un gran riscontro non solo negli Stati Uniti, ma anche nell’Inghilterra ove cominceranno a muovere i primi passi i Beatles («Senza i Crickets non ci sarebbero stati i Beatles» dichiarerà Paul McCartney) e i Rolling Stones, influenzati dal rock and roll di Holly.

 

«John Prine non poteva che scegliere “Oh Boy!”, una delle sue canzoni preferite di tutti i tempi. Quando nel 1981 ha fondato la sua casa discografica indipendente l’ha chiamata “Oh Boy Records”. Se non è amore questo!».

Estratto dalle liner notes di The Crickets and Their Buddies, scritte da Charlie Springer.

 

E in effetti “Oh Boy” è un altro vertice dell’opera, insieme alla roboante “I Fought the Law” (sì, quella ripescata in epoca punk dai Clash, l’ha composta Sonny Curtis, lo sapevate?) con al timone Vince Neil, frontman storico dei Motley Crue. La traccia finale viene lasciata a Johnny Rivers, il quale si appropria con grinta a “Love’s Made a Fool of You”, una canzone “coverizzata” da parecchi, dagli Hollies a Greg Kihn.

The Crickets and Their Buddies si rivela ancor oggi un tributo da ricordare e il songbook di Buddy Holly stupisce una volta di più palesando l’immenso talento e la modernità di questo meraviglioso artista. Chissà che sarebbe successo senza quel disgraziato 3 febbraio 1959.