Nel 2020, da noi direttamente su Netflix, arriva dalla Corea del Sud questo The call, film di un giovane Lee Chung-hyun che ha raccolto critiche discordanti, divise tra chi ne ha apprezzato la capacità di creare suspense e chi ne ha criticato alcuni risvolti di sceneggiatura considerandoli poco credibili e calibrati; questo ovviamente al netto di una certa dose di sospensione d'incredulità che il genere del thriller sovrannaturale, al quale The call appartiene, ovviamente richiede.
Devo dire che, a modesto parere di chi scrive, con The call abbiamo guadagnato un altro ottimo prodotto proveniente dall'estremo oriente e anche la possibilità di tenere d'occhio un regista non ancora troppo noto qui in occidente. Inoltre, fa piacere rivedere tra le protagoniste Jeon Jong-seo, presente un paio d'anni prima nel magnifico Burning - L'amore brucia di Lee Chang-dong, nel quale l'attrice originaria di Seoul si ritagliava una delle sequenze in assoluto più belle del film.
Qui siamo in territori diversi, siamo in pieno genere e The call non ha la profondità di sguardo che poteva avere un Burning (e non ne ha nemmeno nessuna pretesa), non di meno la prova del giovane regista ha tutte le carte in regola per essere apprezzata dagli amanti del thriller ma anche da chi apprezza l'horror psicologico, assolvendo in pieno alla sua funzione, e non meriterebbe di perdersi nel vastissimo (e spesso anonimo) catalogo della piattaforma di Los Gatos.
La giovane Kim Seo-yeon (Park Shin-hye) torna nella vecchia casa in cui è cresciuta da bambina per star vicina alla madre costretta in ospedale da una malattia. La zona è un poco fuori mano e la casa è stata lasciata andare; lungo il tragitto Kim perde il suo cellulare, sarà costretta così a ripristinare una vecchia linea telefonica collegata a un cordless vecchio di diversi anni.
Sarà una sorpresa quindi sentire quel telefono iniziare a squillare, all'altro capo della linea c'è una ragazza, Oh Young-sook (Jeon Jong-seo), che chiede aiuto in preda all'angoscia, sua madre sta tentando di ucciderla. Ovviamente nessuno può conoscere quel numero in disuso ormai da anni; col tempo Kim scoprirà che per qualche strano motivo quella linea è in grado di metterla in contatto con Oh Young-sook, una ragazza non del tutto equilibrata che ha vissuto nella casa vent'anni prima con la madre, una sorta di sciamana impazzita.
La cosa strana è che Kim sembra parlare direttamente con la Oh Young-sook del 1999, vent'anni circa nel passato. La giovane del passato, che conduce un'esistenza non proprio facile, trova consolazione nel contatto con Kim tanto da arrivare a modificare alcuni eventi del suo presente per cambiare il futuro e consentire a Kim di vivere un'esistenza priva di alcune sofferenze che l'hanno segnata nel corso degli anni. Anche Kim troverà il modo di dare una mano a quella ragazza del passato che sembra così bisognosa; le azioni delle due donne provocheranno forti cambiamenti nelle vite di entrambe ma Oh Young-sook, appunto non troppo equilibrata, non riuscirà a gestire con serenità alcune delle dinamiche, cosa che renderà la ragazza pericolosa anche per la sua nuova amica del futuro.
The call dimostra un'ottima capacità di inquietare e tenere in tensione lo spettatore per tutta la sua durata; sotto questo aspetto il film è riuscitissimo e anche sotto il punto di vista della sceneggiatura non mi sembra ci siano queste eclatanti sbavature che possano impedire allo spettatore di godersi la visione di quello che a conti fatti è un ottimo thriller dai risvolti sovrannaturali.
Se proprio una critica al lavoro di Lee Chung-hyun la si vuole fare, può essere quella di aver sfruttato una struttura non originalissima con dinamiche già viste nel cinema orientale (e non solo), ma anche questo nulla toglie a un film che si gioca bene tutte le sue carte. Una di queste è l'ottima interpretazione di una Jeon Jong-seo che si conferma attrice di buon livello in un ruolo che qui valorizza la sua bravura; non è da meno anche il contributo alle musiche di Dalpalan, decisamente riuscite e che catturano l'orecchio di chi guarda (ascolta) in più di una sequenza.
Lee Chung-hyun gioca con l'uso di diverse cromie sui due piani temporali andando ad apportare modifiche su costumi e colori nel momento in cui qualche azione va a modificare il futuro di Oh Young-sook o il presente di Kim Seo-yeon, sullo sfondo, forse poco sfruttata, una madre sciamanica interessante e inquietante che porterà la figlia a deflagrare in un disequilibrio mentale dalle conseguenze tutt'altro che rasserenanti.
Ottima gestione della tensione per un film che gioca con i paradossi dei viaggi nel tempo senza che i protagonisti nel tempo ci viaggino mai per davvero, uno scarto significativo che permette al regista di creare la giusta suspense (e ce n'è davvero parecchia) e un'opera molto divertente.