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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
07/05/2024
Live Report
The Backdoor Society, 04/05/2024, Joshua Blues
Il sixties sound invade novamente il suolo italico, questa volta vedendo sul palco del Joshua Blues i The Backdoor Society, esponenti italiani del cosiddetto Dutch-beat e/o Neder-beat. Lasciatevi trascinare nel racconto di un piacevole live report e di una bella chiacchierata che il nostro Stefano ha fatto con i diretti interessati.

Il sixties sound forse sta finalmente tornando a inondare il suolo italico. Dopo molti anni che sembrava dormiente, il 4 maggio mi sono trovato di fronte ad una scelta di live che solo poco tempo orsono sembrava impossibile.

All’Arci Area di Carugate, infatti, suonavano in contemporanea House of Wax e Le Muffe, altri gruppi che sicuramente meritano, ma alla fine non potevo mancare al concerto dei The Backdoor Society, sia poichè li ritengo una band unica nel suo genere e tra i pochissimi gruppi che ripresentano il cosiddetto Dutch-beat e/o Neder-beat, sia perché, come potrete leggere nell’intervista posta alla fine del live report, purtroppo non è così facile vederli in azione nel nostro paese.

 

Prima di inoltrarci nel live report, occorre spendere due parole su questo gruppo di assoluta nicchia e sul (sub)genere che suonano con così grande convinzione e maestria.

Tutto nasce (anche questa volta) da una tournee che i Beatles fecero in Olanda, che creò le basi per la nascita di un movimento di musicisti che si innamorarono sia del gruppo di Liverpool sia degli altri grandi gruppi inglesi del periodo d’oro (Rolling Stones, Kinks, Yardbirds, Pretty Things, etc); per chi volesse addentrarsi un poco di più segnalo la lettura di An introduction to Nederbeat su Strange Currencies Music, dove troverete maggiori informazioni.

Ebbene questi quattro musicisti, seppur nati nella pianura padana lombarda, sono (forse) gli unici epigoni del nedearbeat. Ovviamente parliamo di una nicchia di un genere già abbastanza underground, ma tant’è, dove muove la passione non c’è limite di tempo e spazio che tenga.

 

Così ci ritroviamo al Joshua, purtroppo in non moltissimi, per un set di circa un’oretta per una ventina di pezzi, equamente distribuiti tra il primo album omonimo e il secondo This is nowhere, oltre ad alcuni brani dell’ultimo album pubblicato nel 2024, Bubbles lost recordings.

L’esibizione inizia subito con il riff incalzante di “The Magic’s Gone”, che ci catapulta in un fumoso locale di Amsterdam di metà anni Sessanta, per poi proseguire con il beat incalzante di “Story n.2”, sempre tratta dal primo album, dove le chitarre ruggiscono per dare spazio ad un intermezzo “lirico” per poi ripartire difilato.

Dopo una bella quasi ballad quale è “You”, si riparte con la kinkiana “So Confused” e con la tiratissima “1000 Tears”. Il set continua con altri brani tra cui segnalo “Pitch Me Out”, un pezzo quasi rock-folk, la frenetica “Oh Girl”, il R&B sanguigno di “You turn me on”, i continui slow-fast di “I’m not important to you” concludendosi, con il caravan serraglio di “Backdoor City Blues”.

C’è ancora spazio per un encore, “Bye Bye baby”, cover di un brano di un gruppo olandese di cui Giovanni, con cui ho scambiato due chiacchere a fine concerto, mi ha detto, ma che, chiedo venia, era talmente oscuro che non mi ricordo più il nome.

Lascio ora la parola ai diretti interessati.

 

 

Ciao a tutti, la vostra storia musicale è oramai abbastanza lunga, però non essendo Loudd una rivista di “iper-nicchia” ma curiosa di tutti gli aspetti del rock, anche quelli meno “frequentati”, penso sia doverosa una vostra breve presentazione, partendo dalle ceneri del precedente gruppo in cui ¾ della band suonava, ovvero i Rookies e delle differenze comunque con i The Backdoor Society.

Ciao e grazie per il vostro interessamento! I Rookies, nati nel 1994, hanno attraversato svariati generi musicali legati al garage, al folk punk, al freakbeat e nell’ultimo periodo la psychedelia, ma sempre cercando, in tutte le situazioni, di avere un’impronta ‘’olandese’’. Dopo più di vent'anni di attività e svariati cambi di formazione abbiamo deciso che era il momento di chiudere il capitolo Rookies. Un paio di episodi che ci piace ricordare sono il festival organizzato a Roma dall’associazione Misty Lane, con Chocolate Watch Band, Thanes, Graig Moore e Rudi Protrudi con gli Others e tutto il meglio che la scena garage italiana proponeva in quegli anni, e per finire il concerto a Primavera Beat del 2012 con in formazione, per questa unica data, Ronnie Splinter degli Outsiders! Forse dopo quel giorno avremmo potuto scioglierci! Con la nascita dei Backdoor Society si è deciso, soprattutto da parte di Giovanni, il cantante, di concentrarsi sull'r&b e sul beat olandese e con l’aggiunta di Denis al basso siamo partiti con questo nuovo progetto!

 

Il vostro primo disco omonimo trasuda di R&B primordiale, mi vengono in mente i padri fondatori come Pretty Things, Dowliners Sect, Yardbirds, Birds, ma il vostro amore manifesto e conclamato (mi vengono in mente, solo per citare alcuni brani, "Try to understand”, “The Magic’s Gone” “What’s on your mind” e il brano di chiusura “Better than me”) è verso i gruppi beat olandesi degli anni ’60, Outsiders su tutti, potete spiegare questa scelta che, per molti, potrebbe sembrare quasi un vezzo?

Tutti i gruppi che hai nominato sono sicuramente un punto di riferimento per la scrittura dei pezzi originali e ovviamente ci piacciono molto. Tra le canzoni che hai citato, una di queste, ‘’Better than me’’, ispirata a un pezzo dei Dat And Wat, gruppo minore olandese dei mid sixties, è stata inserita nella colonna sonora di un film americano Portait of a rocker, con tanto di contratto firmato ed enormi aspettative da parte dei produttori, poi finito in una difficile distribuzione, a causa anche e soprattutto del momento in cui è uscito nelle sale (periodo covid). In ogni caso, dopo tante esperienze abbiamo deciso di suonare solo quello che ci piace veramente, seguendo come maggiore ispirazione gli Outsiders e tutta la scena beat olandese, da sempre punto di riferimento nel nostro songwriting. Ci rendiamo conto che è una nicchia per pochi ma a noi va bene così!

 

Ho trovato il vostro secondo album, This is nowhere, forse ancor più “wild”, mi viene in mente, ad esempio, “Changes”, col suo giro di basso eccezionale, oppure ancora la tiratissima “1000 tears”, o il quasi proto-hard rock o proto-punk di “It’s happening”, è una mia impressione, oppure è stato pensato così?

Le influenze sono sempre le stesse, sicuramente è leggermente diverso dal primo LP, ma lo definiremmo più proto-punk che hard rock. Non è stata una scelta, le canzoni sono uscite così! Dopo averlo pubblicato abbiamo appeso in sala prove un poster degli Outsiders per ricordarci sempre dove vogliamo andare a parare! Ti sveliamo una curiosità su ‘’It’s happening’’: per la pubblicazione di This is nowhere avevamo praticamente già tutte le 12 canzoni pronte per la pubblicazione, ma una di queste ("I should be ashamed’’, la cover di John Hatton & The Devotions, poi finita su Bubbles) non ci convinceva del tutto e quindi abbiamo scritto un pezzo nuovo, appunto "It’s happening’’, nell’ultima ora di registrazione, provato un paio di volte e registrato al volo! Ci piaceva e l’abbiamo tenuto per l’album. Da allora mai più suonata, ne alle prove, ne ovviamente dal vivo!

 

Una particolarità dei due album è anche la ricerca grafica abbastanza oriented. Personalmente penso che questo aspetto non rivesta un ambito marginale, ma da un lato faccia parte della cultura beat (e non solo), dall’altro lato serva ad identificare, anche dal punto di vista estetico, la propria appartenza, concordate?

Assolutamente, anche l'occhio vuole la sua parte! Noi siamo fortunati visto che la moglie di Simone, Sara, è una bravissima artista e nota non da poco, con tanta pazienza per sopportare i nostri deliri! In ogni caso per entrambi gli LP si è è preso spunto da un paio di uscite minori degli anni Sessanta: per il primo LP, dall’album d’esordio di un gruppo psych canadese di fine Sessanta, mentre per This is nowhere da un 45" di un gruppo r&b olandese. Ricchi premi e cotillons a chi indovina!

 

Avete appena pubblicato Bubbles Lost Recordings potete parlarcene un attimo? Si innesta nel solco dei due LP precedenti oppure apre a “nuovi” orizzonti?

Dopo aver pubblicato due 45'' e due 33'' abbiamo deciso che era ora di fare anche un cd: Bubbles Lost Recordings raccoglie il primo demo di 8 canzoni della band del 2018, canzoni inserite ufficialmente nei due 45" e sul primo LP, o con nuove registrazioni oppure, nel caso del primo singolo, con differente mixaggio. Inoltre, abbiamo inserito quattro inediti, una la già menzionata ‘’I should be ashamed’’ e tre nuove canzoni, tra le quali ‘’Backdoor city blues’’, che ultimamente chiude sempre i nostri concerti. Abbiamo pubblicato questo cd anche per avere del nuovo materiale da portare in giro e per offrire qualcosa di diverso dal vinile.

 

La vostra attività live, perlomeno in Italia, non mi pare molto intensa (ma potrei sbagliarmi) c’è una ragione particolare? All’estero trovate una maggiore accoglienza? Esiste un paese di adozione, mi verrebbe ovviamente da dire Olanda, ma anche la Germania è sempre stato un Paese recettivo di questo tipo di sound.

Purtroppo la situazione in Italia, soprattutto dopo il covid, è abbastanza complicata: tanti gruppi e pochi locali di musica live. Se aggiungi il fatto che non abbiamo alle spalle un’agenzia e che siamo veramente poco ‘’social’’, si spiega tutto. La nostra musica, inoltre, è un po' l’underground dell’underground, quindi per pochi appassionati, ma va benissimo così, alla fine è una nostra scelta. Detto questo abbiamo tanti bei ricordi di concerti in Italia, anche se effettivamente le nostre maggiori soddisfazioni le abbiamo avute all'estero, pur non avendo mai fatto tour più lunghi di tre o quattro giorni. Siamo tornati recentemente a suonare in Olanda e in Germania ed è sempre bellissimo!

 

Ultima domanda, direi quasi filosofica. Come cultore del garage (ma anche del post-punk anni ’80) molte volte mi si rinfaccia di essere un inguaribile “passatista”, nel senso che mi accusa di non cercare lo zeitgeist del sound attuale per rifugiarmi nel passato. Ora, a parte che non è detto che per forza il rock debba rappresentare “il nuovo”, mi pare che voi siate la personificazione vivente di cosa vuol dire fare rock anche oggi. Al di là della tiratura e dello showbiz trovo infatti da un lato la vostra musica assolutamente “rumorosa”, dall’altro lato, avendo ascoltato molta musica e svariati generi anche tra loro antetici, ho personalmente superato queste teorizzazioni: ascolto semplicemente quello che più mi piace e stop. Voi che ne pensate?

Ci trovi perfettamente d'accordo, personalmente penso che chi limita i propri ascolti per una questione di etichette musicali si stia automaticamente privando di tantissimi ascolti. Cosa che invece fa Giovanni, fermo solo a gruppi musicali e a determinati generi suonati da metà Sessanta ai primi Settanta (risate, ndr). In realtà dovremmo ascoltare più musica possibile senza farci problemi, anche perché si può imparare tanto anche dai generi più disparati (n.d.r. Denis).