A posteriori, seppur abituati al Ragno di Tom Holland ormai ben inserito all'interno del Marvel Cinematic Universe, possiamo dire che anche questo Amazing Spiderman di Andrew Garfield non fosse poi affatto male. Il dittico di Marc Webb ha il pregio di presentare un Peter Parker parzialmente inedito sugli schermi, sia dal punto di vista caratteriale, sia per alcuni sviluppi di trama poco esplorati o mai visti nella precedente trilogia di Sam Raimi (e nemmeno in seguito). Viene sviluppata sull'arco dei due film la love story tra Peter e Gwen Stacy (Emma Stone), filologicamente più corretta a soddisfazione di chi conosce la storia editoriale dell'Uomo Ragno (come si è chiamato fino a qualche anno fa); tra i due attori c'è una bella alchimia e forse questa è la linea narrativa più riuscita e intrigante dei due episodi, più di quella legata alle origini del personaggio o a quella che esplora finalmente cosa è successo ai veri genitori di Peter, Richard (Campbell Scott) e Mary Parker (Embeth Davidtz). Marc Webb arriva infatti dal precedente 500 giorni insieme, commedia romantica che probabilmente il regista ha sfruttato come esperienza per costruire un ottimo storyarc legato al rapporto tra i due liceali che dona ai due Amazing un piglio da teen movie affatto disprezzabile, anzi, inoltre abbiamo per la prima volta un Peter decisamente più a suo agio con il ruolo da eroe e da subito più sicuro di sé, una versione del personaggio che guarda più a quella che ricordiamo ritratta dalle matite di John Romita Sr. che non a quelle del suo creatore grafico Steve Ditko. Un Peter più incline alla ribellione, più sofferente per tutte le incognite e ferite lasciate aperte dall'abbandono dei genitori alle quali si aggiungeranno presto la tragedia per la morte dello zio Ben (Martin Sheen), il senso di colpa e la responsabilità nei confronti di Gwen e della zia May (Sally Field), madre sostitutiva alla quale Peter è legato profondamente.
Sul versante "avventura" tutto, fin troppo a dire il vero, ruota attorno alla Oscorp, l'azienda creata da Norman Osborn (Chris Cooper), le ricerche rivoluzionarie del padre di Peter, quelle che lo costrinsero a fuggire, nascono nei laboratori Oscorp, ed è lì che Peter acquisterà i suoi poteri di ragno, il ragazzo era lì per incontrare il Dottor Connors (Rhys Ifans), ex collega del padre e destinato a trasformarsi in Lizard, l'avversario del primo capitolo. Gwen è stagista alla Oscorp, ovviamente il proprietario è Norman il cui figlio Harry (Dane DeHaan) è stato in gioventù il miglior amico di Peter e che presto diverrà proprietario dell'azienda e, in questo universo, il primo Folletto Verde, e ancora nel secondo episodio il poco equilibrato impiegato della ditta, Max Dillon (Jamie Foxx), accidentalmente acquisirà la capacità di controllare l'elettricità divenendo Electro, mentre in un reparto segreto si stanno sviluppando nuove armi riconducibili facilmente a Octopus, l'Avvoltoio e infine Rhino (Paul Giamatti). Come si diceva, due capitoli forse un pochino troppo Oscorpcentrici!
Tecnicamente ho apprezzato parecchio la regia di Webb, ormai la tecnologia permette di fare di tutto, il rapporto tra Spider-Man e New York è molto ben sviluppato, anche su piccolo schermo le riprese creano qualche sbalzo di vertigine, immagino in 3d al cinema l'effetto che possa aver fatto, le sequenze tra i grattacieli sono altamente spettacolari, a volte fin troppo rapide, pecca un poco invece lo scontro tra l'eroe ed Electro sul finale del secondo capitolo, estetica troppo vicina a quella da videogioco, cgi non convincente fino in fondo in quest'occasione così come nella realizzazione di Lizard, personaggio sul quale probabilmente si poteva lavorare meglio. Riuscito il look dell'eroe, Andrew Garfield scapigliato è un bel Peter Parker, tornano finalmente i lanciaragnatele, si sente un poco la mancanza di un J. J. Jameson sbraitante, Sally Field oltre a essere un'ottima attrice è ben calzante nel ruolo di May Parker, in fondo nessun Marvel fan penso abbia mai fantasticato di andare a letto con la zia di Peter prima dell'arrivo della Tomei.