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REVIEWSLE RECENSIONI
11/03/2025
Marianne Mirage
Teatro
Avete mai ascoltato un affresco di sentimenti umani? Teatro, l’ultimo album di Marianne Mirage, ci si avvicina molto. Del resto a teatro ogni emozione è messa in luce, vivida e vera, in pasto ad uno spettatore che un po’ si rifugia in essa e un po' ne rifugge.

Ascoltare Teatro è un po' come guardare un album di vecchie fotografie, bisogna dedicargli il giusto tempo per poter assaporare tutto, perché i ricordi non sono piatti, ma un amalgama di colori, luoghi, emozioni, persone, ognuno con un posto ben definito dentro di noi eppure delle volte confuso.

Si, perché spesso i ricordi si confondono e tra di loro si intrecciano, un po' come le canzoni di questo nuovo lavoro di Marianne Mirage, dal sapore piacevolmente retrò, naïf, capace di trasportare l'ascoltatore in anni ormai passati, magari mai vissuti, analizzando i sentimenti che continuano a ingarbugliarsi sempre allo stesso modo.

L'amore continua ad essere il motore di tutte le storie che animano questo full lenght, un amore rivolto non solo alle persone ma anche alla natura, all'ambiente, agli elementi che ci circondano e fanno da spalla ai dolori e alle battaglie che combattiamo.

 

Teatro è un lavoro introspettivo, intimo e accogliente, un quarto album che a livello di sound è lontano dagli esordi ma decisamente più fedele alle ispirazioni della cantautrice, e che consolida il sodalizio con il produttore Marquis (iniziato nel 2023 per la colonna sonora della serie I Leoni di Sicilia) affidandogli missaggio e produzione.

Marianne si apre al pubblico toccando argomenti che spaziano dai sentimenti, alla sensualità, alla fede, con un'armonia e genuinità tale da riuscire a scavare in ognuno di noi, arrivando a condividere gioie e dubbi, in un crescendo di sensazioni prive di segreti.

Sin dalla prima frase di “Chiudi gli occhi”, scelta come brano d'apertura, si comprende lo spessore di Teatro. Devi imparare da sola/ A darti la mano da sola/ Cancellerò tutte le abitudini che hai/ Che ti fanno male/ L'abitudine di amare chi non lascia spazio a te”. Una visione a due dell'amore, o semplicemente una riflessione interiore per riuscire finalmente a discernere convincimenti altrui. Un brano che si apre con altrettanta dolcezza: una chitarra arpeggiata e un organo Hammond in sottofondo creano un incidere sicuro, adatto al testo.

 

Nella seconda traccia, “Cielo”, Marianne mette in dubbio la fede che ognuno si porta dentro e il viaggio che si intraprendente per ritrovarla; un brano che può essere visto anche come una metafora del viaggio dentro se stessi, dentro le proprie convinzioni: perderle per poi ritrovarle, dopo svariati giri, sotto forme completamente differenti ma complementari al noi di quel periodo della vita. “E se fosse che quello che sento è sbagliato/ Se la mia vita non fossi più tu/ Se quegli angeli appesi dietro l'altare/ Non mi servissero più”.

Scrivere di fede, di spiritualità non è mai facile, si può scadere nella banalità, nella retorica, ma in questo caso la poetica delle parole è risultata universalmente inclusiva, complice anche il sound in cui la marcata linea di basso, accompagnata dalla fidata chitarra e organo Mellotron, diventano comprimari e principali protagonisti di tutte le tracce.

Ed è infatti un basso malinconicamente marcato l'intro perfetto per “Baci”, scritta a quattro mani con Federica Abbate, che in poco più di due minuti narra, con una voce sofferentemente presente, di un amore perduto all'improvviso. Struggente e non stucchevole, molto cinematografica, semplicemente diretta. “E all'improvviso tu/ Nei miei sorrisi, no, non c'eri più/ Come se fossimo ricordi lontani/ Un sogno tra le mie mani”.

 

Groove delicato anni '60/'70 e chitarra arpeggiata abbracciano una bellissima metafora, il “Vento di Tramontana” come atto di cambiamento, non sempre attuabile vista la dualità di questo elemento, che da una parte elimina, spazzando via le situazioni ma dall'altra apre le porte alle novità e all'ignoto. Un ritorno oppure un addio, a seconda dei momenti della vita di ognuno. È anche però un simbolo di rinascita e cambiamento, legato all'elemento aria, in questo caso in sodalizio con l'elemento acqua, in cui si tuffa per scomparire. Proprio con questa canzone si comprende quanto metafore ed elementi naturali siano importati e ricorrenti in questo quarto album, rappresentando parte integrante della sua musicalità, riuscendo a renderle persino consistenti. “La speranza è l'ultima a morire/ Ma la prima a scomparire/ Quando hai paura. Vento freddo che porti un messaggio/ Non sperare mai in eterno/ Se non hai più tempo”.

 

Cosa a che fare quindi questo nuovo lavoro con i ricordi, con gli album di fotografie, con quel sentimento di perdita ma anche di consapevolezza di esserci stati? Il sound, un vero e proprio omaggio alla musica italiana degli agli anni '60 /'70, a quel mitico Piper Club, fucina di grandi voci femminili come Patty Pravo, Caterina Caselli, Mia Martini, senza dimenticare grandi cantanti come Ornella Vanoni, Milva e Mina a cui la voce di Marianne rimanda spesso l'ascoltatore.

In “Venere” si esplicita questo tributo: sound arpeggiato, un vibrato corto che sembra uscito da un microfono vintage, sino all'interludio con una linea di basso a ricordare il miglior Battisti. Una canzone potentissima anche nel testo, dove già la prima strofa racchiude tutto, in due sole frasi: “Senza cuore il mondo cade/ Senti il rumore quando si chiude”.

La chiusura di tutti noi esseri umani verso le altre persone, per paura, perché così è la vita, il diventare adulti, il perdere parte della bellezza dell'innamorarsi di cose anche banali ma che regalano bellezza nella vita, un compito che viene affidato ad altri, Venere, per evitare di prendercene la fatica sulle spalle.

Di ispirazione vintage ma con tanti accenni all'alternative italiano, Baustelle su tutti (ricordiamo che Marianne Mirage portò al Festival di Sanremo 2017 il brano “Le Canzoni Fanno Male,” scritto da Francesco Bianconi e Kaballà) e al pop dei Matia Bazar.

 

La produzione e gli arrangiamenti affidati a Marquis rendono sofisticatamente attuale tutto il lavoro, riuscendo a fondere le parti elettroniche senza essere invadenti, anzi, favorendo i testi, come nel caso di “Due Anime”, affascinante esperimento in cui l'elettronica evidenzia il lato sensuale della canzone, il caos emozionale che avviene nelle mente e nel corpo delle persone.

Proprio in questa traccia si comprende appieno il filo conduttore che ha portato Marianne Mirage a collaborare con “La Divina” Patty Pravo nel brano “Amore mio”, incluso nell'album di quest'ultima annunciato per il 2025.

Potrei concludere qui, e invece la canzone con il titolo più accattivante “La Canzone del Vampiro” spiazza l'ascoltatore. Chitarra e voce a cui sono affidate le parole per il suo babbo, due minuti intimamente emozionanti per chiudere un album in cui ogni ascoltatore può ritrovare piccole parti della propria vita e dei propri pensieri, elegantemente prodotto e sicuramente da riascoltare nel tempo come sottofondo al proprio album di fotografie.