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REVIEWSLE RECENSIONI
18/07/2023
Alcatrazz
Take No Prisoners
Nel secondo album con Doogie White alla voce, gli iconici Alcatrazz sfoderano il loro repertorio di heavy metal classico, suonato con palpitante intensità.

Sono passati ben quarant’anni da quando, nel 1983, a Los Angeles, Graham Bonnet, in fuga dai Rainbow, con cui registra un solo album, fonda gli Alcatrazz, insieme al bassista Gary Shea e al tastierista Jimmy Waldo, oggi gli unici due membri originari della line up.

Quarant’anni che hanno visto avvicendarsi tra le fila del gruppo autentici fenomeni (Yngwie Malmsteen, Steve Vai, Clive Burr, Glen Sobel, etc) per un progetto, però, che, strano a dirsi, pur partendo da basi solidissime, ha prodotto solo cinque album, di cui tre nella prima metà degli anni ’80.

 

Oggi, a distanza di tre anni dall’ultimo V, l’iconica formazione heavy metal torna sulle scene con Doogie White alla voce (il cui timbro somiglia incredibilmente a quello di Biff Byford), che dal precedente lavoro in studio ha preso il posto di Bonnet, dando probabilmente una definitiva stabilità a una band che è stata più volte sul punto di sciogliersi. Il disco inizia con "Little Viper", una fucilata di classico heavy metal che mette subito in risalto la voce dura e cattiva di White, mentre la successiva "Don't Get Mad…Get Even" registra la presenza delle Girlschool ai cori, in un brano dalla ritmica martellante e dal riff di chitarra killer.

Un uno-due di grandissima classe, che testimonia di una band che non ha perso un briciolo di smalto, che dispensa idee e classe a profusione, e che ha trovato nella voce di White un’arma letale. Non fanno prigionieri, gli Alcatrazz, e tutto gira alla grande, sia quando la band si cimenta con una power ballad in crescendo come "Strangers", dalla melodia uncinante e dal grande ritornello, sia quando rievocano il suono Rainbow, nella grinta cadenzata di "Holly Roller (Love’s Temple)", sia quando schizzano a velocità supersonica nell’headbanging frenetico della conclusiva "Bring on the Rawk".

 

Nel complesso, Take No Prisoners è un’intensa esperienza di ascolto per tutti coloro che amano il metal classico: i riff sono pesanti, gli assoli di Joe Stump assassini, il drumming impetuoso, le melodie dirette e facilmente assimilabili, e la tecnica della band lambisce spesso il virtuosismo, senza tuttavia mai strafare. Certo, se si cerca originalità, non è questo il territorio in cui muoversi, e francamente poco importa. Gli Alcatrazz possiedono una consapevolezza superiore, quella che permette loro di replicare un suono antico rendendolo appetibile anche alle orecchie moderne. Una nostalgica ventata di freschezza.