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MAKING MOVIESAL CINEMA
Swiss Army Man
Dan Kwan e Daniel Scheinert
2016  (Notorious Pictures)
COMMEDIA FANTASTICO SOUNDTRACKS / ROCK MOVIES / MUSICAL
all MAKING MOVIES
20/10/2017
Dan Kwan e Daniel Scheinert
Swiss Army Man
C'è più vita tra i morti, che tra i vivi. C'è più sentimento.

Sorridi perplessa.
Alzi il sopracciglio.
Resti basita.
Resti a bocca aperta.
Sorridi malinconicamente.
Ti si stringe il cuore.
A volte il disgusto fa capolino.
A volte lo fanno gli applausi, o le risate.
Così, in questa gamma di emozioni tra le più sfaccettate, si reagisce a Swiss Army Man, film che già nella sua presentazione al Sundance ha conquistato e diviso.
Normale, se uno dei protagonisti del film è uno zombie. Normale se lo zombie in questione scoreggia senza ritegno, se quelle scoregge sono usate in modo folle - e geniale - all'interno della sceneggiatura come espediente d'azione da una parte e come grande metafora dall'altra.
Sì. Si parla di scoregge. Si parla di morti. Ma soprattutto si parla di vita, di sopravvivere, di amore e di amicizia.
In un film che è sì folle – e, lo ripetiamo, geniale - nel mettere tutto assieme, in un survivor movie su un'isola deserta prima, in mezzo al bosco poi, dove a dover davvero sopravvivere, o tornare in vita, è l'umanità, con la sua gamma di emozioni tra le più sfaccettate.
Per farlo, i The Daniels, si affidano a due soli attori: al Paul Dano che è ormai una garanzia e non sbaglia davvero mai un colpo, e a un Daniel Radcliffe che prende le distanze ancor più dal maghetto che era - e sono la prima ad odiarmi per dover sempre fare riferimento ad Harry nei suoi confronti - e si trasforma in un walking dead, o un farting man, che impara poco a poco cosa significa vivere, provare emozioni, innamorarsi.
Manny è però prima di tutto uno strumento, uno swiss army man, un coltellino svizzero dalle mille capacità: sa solcare le onde, sa rompere rami, sa procurare acqua, sa indicare la strada nel modo più folle che ci sia. Hank trova in lui un mezzo per cavarsela in quell'isola e in quel bosco, ma trova anche un amico, e forse un amore, con cui condividere ricordi e speranze, con cui vivere.
Nel poco tempo che i due trascorrono isolati, si creano un vero e proprio mondo, fatto di autobus e di cinema, di feste e party, dimenticando quasi perché sono lì, il motivo per cui dovrebbero andarsene. C'è più vita tra i morti, che tra i vivi. C'è più sentimento.
E la malinconia, con tutto questo materiale, con quelle folli – e sì, ancora una volta, geniali - installazioni che Hank crea, non può che far capolino, sussultando di fronte a una sceneggiatura che parla di scoregge per dire altro, che racchiude tutte le paure dei solitari.
E i sorrisi, non possono che far capolino di fronte a quelle scoregge che significano altro, di fronte a una colonna sonora che rivisita in chiave nuova, folle – e, indovinate? geniale - canzoni come il tema portante di Jurassic Park, per dire, di fronte a una regia che lavora soprattutto di montaggio, veloce, bellissimo.
Si arriva al finale non troppo in fretta, è vero, un po' a sorpresa, anche, illuminati dai fari di un auto e dagli artigli di un orso, e la paura di aver immaginato tutto, di esserci illusi ancora e ancora una volta, emerge assieme all'ansia.
Così, in quel finale che ancora parla di e usa le scoregge, in quel finale che mette dubbi e incertezze, c'è tutta la genialità - e la follia - di un film che sarà difficile da dimenticare.