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REVIEWSLE RECENSIONI
02/03/2023
Big City
Sunwind Sails
Ottimo quarto lavoro per i norvegesi Big City, maestri nel muoversi tra ringhio heavy e melodie aor, plasmando dieci canzoni, quasi tutte di ottima fattura.

Nati nel 2013 da un'idea del chitarrista Daniel Olaisen (Blood Red Throne/Scariot), i norvegesi Big City giungono oggi al quarto album in studio, ultimo capitolo di una discografia inappuntabile quanto a coerenza stilistica e ispirazione. A fianco del fondatore, la line up allinea un pugno di musicisti funzionali al progetto e tecnicamente di spessore, quali Scariot Frank Ørland alla chitarra, Frank Nordeng Røe (Withem) alla batteria, il bassista Miguel Pereira, che ha sostituito Geir Inge Olsen, e infine il cantante Jørgen Bergersen, entrato a far parte della band nel 2021, in sostituzione del dimissionario Jan Le Brandt. E proprio il nuovo vocalist è l’arma vincente del progetto, quel plus che forse mancava all’inizio, il cui timbro è perfetto per esaltare l’hard rock melodico, dai contorni heavy e dallo sguardo rivolto agli anni ’80, che è il terreno sui cui il quintetto norvegese si muove con straordinaria abilità. Se i riferimenti stilistici relativi al decennio citato sono più che evidenti (Europe, Dare), così come lo sono le similitudini con altre band più o meno coeve (vengono subito in mente gli H.E.A.T.), è indubbio che nei dieci anni di carriera il gruppo norvegese abbia affinato un proprio stile distintivo che lo rende immediatamente riconoscibile.

Questo nuovo Sundwind Sails, infatti, è una vera chicca per gli ha appassionati del genere, possiede un deliziosa stratificazione di suoni, che conferisce alle canzoni un’interessante complessità di fondo, senza tuttavia privarle di quella immediatezza e di quel potente impianto melodico che solo le frecce vincenti all’arco della band. I cinque procedono col pilota automatico, con la consapevolezza di chi sa esattamente dove vuole arrivare, l’interplay fra le due chitarre è scintillante, in un alternanza di riff violenti e sorprendenti assoli, la sezione ritmica è muscolare ma dinamica, e la voce di Bergensen funziona a meraviglia, sia nei momenti più epici e teatrali, sia quando si trova a levigare con pathos qualche occasionale power ballad.

Certo, alcuni episodi sono un po' telefonati e troppo zuccherini per avere spessore ("Now"), ma quando le cose girano bene, non si può non rimanere impressionati: "After the Raid" è una martellante tirata NWOBHM, "Diamond In The Rough", dopo l’intro acustica, si fa ruvidamente catchy, l’iniziale "I’m Somebody" è un gioiellino di perfetto equilibrio tra fragore metal e melodia, mentre "Sons Of Desire" ammalia per lo svolgimento complesso e una incredibile prova vocale di Bergensen. La migliore del lotto, poi, è "Human Mind", il cui retrogusto malinconico riesce a inumidire gli occhi anche mentre le chitarre sferragliano rumorose.

Se il precedente Testify X era già un album brillante, Sunwind Sails rifinisce ulteriormente il suono della band, dando vita a un filotto di canzoni killer, in cui heavy rock e Aor trovano spesso un punto di fusione eccellente. E come spesso accade per questo genere di dischi è l’equilibrio che conta, saper dosare adeguatamente aggressività e quegli irresistibili ritornelli che sono il segno distintivo del genere. In questo, i Big City sono maestri indiscussi.