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REVIEWSLE RECENSIONI
18/02/2019
Bob Mould
Sunshine Rock
Dopo diversi anni persi nell’oscurità del lutto, con “Sunshine Rock” Bob Mould torna a riaffacciarsi alla luce del sole con uno dei suoi album migliori.

Nella vita solo gli stupidi non cambiano idea. Molto probabilmente questo deve essere stato il pensiero di Bob Mould nel 2008, all’altezza di District Line, il suo ritorno al Rock dopo che una decina di anni prima aveva deciso di abbandonare il ruggito delle chitarre elettriche in favore di sintetizzatori, vocoder e batterie programmate, per pubblicare una serie di album insulari e volutamente respingenti.

In District Line Mould si era rimpossessato del sound che lo aveva accompagnato sia negli Hüsker Dü sia negli Sugar (chitarre in primo piano, onestà spiazzante e una particolare carica emotiva nei testi), dando il via a una serie di album fra i più riusciti della sua carriera. Ma se Silver Age era il suo lavoro più energico dai tempi degli Sugar, i recenti Beauty & Ruin e Patch the Sky, nonostante le chitarre sempre al massimo, erano ammantati da un’inedita malinconia, imputabile alla perdita di entrambi i genitori, avvenuta in un arco di tempo particolarmente ravvicinato.

A questi due lutti ravvicinati, Bob Mould ha reagito abbandonando San Francisco per trasferirsi a Berlino, nel tentativo di ricostruire la propria vita e lasciarsi alle spalle un periodo particolarmente difficile. Perdersi nella capitale tedesca deve aver fatto bene a Bob, dal momento che lì ha ricominciato a scrivere e sempre lì, verso la fine dell’estate del 2016, ha capito di avere in mano un disco diverso dagli altri dopo aver composto “Sunshine Rock”, canzone che gli ha fatto capire verso quale direzione proseguire con la scrittura dei nuovi pezzi. Volato a Oakland e ricongiuntosi con la sua backing band – il bassista Jason Narducy e il batterista Jon Wurster, ovvero la sezione ritmica live dei Superchunk – Bob ha registrato in fretta e furia l’album. Quello che ne è venuto fuori sono 12 canzoni affilate come rasoi, ma allo stesso tempo estremamente positive, vere e proprie gemme Power Pop incastonate lungo i 36 minuti di quella che potrebbe essere una lezione accademica dal titolo: “Come si dovrebbe suonare il Rock & Roll”.

Giunto quasi alla soglia dei sessant’anni, Bob Mould continua ad andare avanti per la sua strada, registrando dischi alla sua maniera, senza dover avere nulla da dimostrare. Tra richiami Rock anni Sessanta e sfuriate Hardcore anni Ottanta – il tutto temperato da un’esperienza ormai quarantennale –, Sunshine Rock è senza dubbio uno dei migliori album della carriera dell’ex Hüsker Dü. Dopo diversi anni persi nell’oscurità del lutto, in questo suo tredicesimo album solista Bob torna a riaffacciarsi alla luce del sole. E anche se l’oscurità può essere un posto confortevole nel quale esorcizzare i propri demoni – come ci ha ben insegnato Pete Townshend e come sa benissimo anche Bob Mould –, è anche vero che brindare a una ritrovata serenità a suon di chitarre elettriche è una delle più belle possibilità che offre il Rock & Roll. Sarà banale, ma è proprio per questo che ci piace così tanto.