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REVIEWSLE RECENSIONI
Sundiver
Boston Manor
2024  (SharpTone Records)
IL DISCO DELLA SETTIMANA ALTERNATIVE ROCK
8/10
all REVIEWS
30/09/2024
Boston Manor
Sundiver
Di albe, tramonti, alternative rock, groove accattivanti, promesse di felicità e positività forgiata nella sofferenza. Con Sundiver i Boston Manor si tuffano nei primi raggi di una mattina dai tenui colori che odorano ancora di sogni e ombre alla ricerca del sole e noi non possiamo che metterci le cuffie nelle orecchie e tuffarci con loro.

A tutti è dovuto il mattino, ad alcuni la notte. A solo pochi eletti la luce dell’aurora”.  

(Emily Dickinson, Tutte le poesie

 

È l’ora in cui le cose perdono la consistenza d’ombra che le ha accompagnate nella notte e riacquistano poco a poco i colori, ma intanto attraversano come un limbo incerto, appena sfiorate e quasi alonate dalla luce: l’ora in cui meno si è sicuri dell’esistenza del mondo”.  

(Italo Calvino, Il cavaliere inesistente

 

L’alba ha una sua misteriosa grandezza che si compone d’un residuo di sogno e d’un principio di pensiero”.

(Victor Hugo, I lavoratori del mare

 

L’alba ha sempre avuto una sua particolare magia; è breve, effimera, ed è amata e esperita solo da una quantità di persone molto minore rispetto al molto più popolare e romantico tramonto. In fondo, a meno di casi particolari, chiunque di noi è ancora alzato per vedere il tramonto, mentre per l’alba ci vuole più impegno e talvolta è visibile prevalentemente per chi ha sveglie particolarmente anticipate, spesso per motivi lavorativi (motivo per cui vengono anche emotivamente godute meno). Il tramonto invece è popolare, appannaggio di innamorati, poeti e pittori di ogni sorta, colorato, carico, passionale, e sciama con eleganza nel crepuscolo e nella notte (altre categorie particolarmente popolari e amate da qualsiasi animo romantico si rispetti).  

L’alba ha una raffinatezza silente tutta sua, che sfocia nel più normale “giorno”, e che, come descrivono con acume ed eleganza Calvino e Hugo, permette alle cose di perdere gratamente la loro ombra per riacquistare i loro colori ed essere nuovamente avvolte dall’abbraccio della luce, ma lasciando per quel breve attimo da un lato un residuo di sogno, dall’altro un principio di qualcosa di nuovo, forse speranza, attesa o futuro, o forse semplicemente di percorso di vita, che in quanto ancora al suo inizio, può essere in qualche forma ancora tutto da scrivere. 

 

I Boston Manor, dopo aver saputo trasmettere con passione le atmosfere, sogni, paure, tensioni e tribolazioni delle notti (Welcome to the Neighbourhood, 2018), così come le crisi e i molteplici problematiche delle giornate che ne conseguono e che tutti noi viviamo in un modo o nell’altro (Glue, 2020), si concentrano sulle atmosfere liminali. Quei momenti subito prima della soglia della percezione cosciente, quelle situazioni o eventi che sanciscono un passaggio, un’entrata in un'altra fase, un altro mondo, dove vigono regole diverse.  

Da un lato abbiamo quindi Datura (2022), un mini album che non arriva nemmeno ai 30 minuti (sono poco più di 26) ma che conserva la bellezza, l’eleganza, la sofferenza trattenuta ed espressa, l’elettricità e l’elettronica mista al rock alternative dal gusto subdolo prese dalla liminalità del tramonto. Un tramonto poco poetico e più, per l’appunto, liminale: un tramonto che è una soglia che lascia spazio alla notte e all’oscurità, quella presente dentro ognuno di noi e che spesso si tramuta in un pozzo nero di sofferenze, ansie e frustrazioni. Una chiusura entro sé e la propria oscurità, ma che regala una sperimentazione elettronica molto più energica e pesante che negli album precedenti, oltre che una serie di hit che rendono Datura quasi un EP di singoli che un album.  

Fammi un favore, chiudi quella finestra. Tieni il riscaldamento acceso. C'è un incendio nel parcheggio, lo vedo bruciare”. (“Datura (Dusk)”, Datura

 

Dall’altro lato, due anni dopo, abbiamo Sundiver, che rappresenta il suo speculare di rinascita, il tuffo che i Boston Manor fanno verso il sole, il racconto di come si può uscire dalle tenebre della notte, di come scrollarsi di dosso le ultime ombre che però molto spesso rimangono impigliate (nelle sonorità sicuramente) e di come imparare ad abbracciare la luce, riscoprendosi grati delle piccole e grandi cose che ci circondano e di quelle che non immaginavamo di poter vivere. 

Potresti aprire quella finestra e far entrare il nuovo mondo? C'è un fiore nel giardino. Sento che sta sbocciando”. (“Datura (Dawn)”, Sundiver

 

Due facce della stessa medaglia che, su ammissione dello stesso frontman Henry Cox, starebbero benissimo in un doppio album (ad oggi già le cover sono abbinate: l’una nera - Datura, l’altra bianca - Sundiver) da ascoltare in momenti alterni della giornata o dell’anno; operazione di re-packaging che non escludono di poter realizzare in futuro.

Sundiver è infatti il culmine di due anni di lavoro e quattro di pianificazione, come racconta lo stesso Cox: “Durante la pandemia sapevamo che il nostro prossimo disco sarebbe stato un doppio album pubblicato in due parti, il primo un breve disco di elettronica oscura e noir ambientato in una notte e il secondo un disco di rock tentacolare che documenta il giorno successivo.  Entrambi gli album sono il prodotto dei loro ambienti: abbiamo realizzato Datura nel cuore dell'inverno in un complesso di studi senza finestre che per lo più produceva solo techno, entravamo prima che il sole sorgesse e uscivamo molto dopo il suo tramonto, praticamente senza mai vedere la luce del sole. Abbiamo realizzato Sundiver a Welwyn Garden City nel corso di due estati, facevamo barbecue tutti i giorni e attraversavamo la strada per raggiungere un prato e schiacciare un pisolino al sole quando non registravamo”. 

L’alba narrata e le giornate di sole in cui Sundiver è stato creato sono inoltre anche il riflesso della vita privata dei ragazzi di Blackpool, che ha visto negli ultimi anni due membri che sono recentemente diventati padri, generando quindi una spinta in più nel voler trovare e riscoprire quel sole che l’alba suggerisce regalare. 

 

Una luce del sole che forse non si respira nelle sonorità come ci si potrebbe immaginare ma che si ritrova nei testi e negli intenti, nelle pieghe di quell’oscurità che si dirada, dove ciò che emerge è anzitutto la fatica dell’uscire dal tunnel del buio, dove la promessa del giorno non è una conquista quanto più l’obiettivo in vista all’orizzonte.  

Sul lato prettamente sonoro, difatti, si respirano atmosfere abbastanza tipiche, i riferimenti sono quelli dell’alternative rock anni Novanta e Duemila, pieni di groove, ossianici anche quando vogliono essere felici, con riferimenti ai Deftones (“Sliding Doors” su tutte, dove a contraltare delle bellissime parti in scream, in alcuni momenti più melodici è percepibile distintamente un tono e intento decisamente alla Chino Moreno), agli Smashing Pumpkings, ai Portishaed, ai Linkin Park dell'era Minutes To Midnight o ai primi Muse. 

 

Sul versante testi, invece, si passa dal narrare di universi paralleli a mappare una crescita personale, dal dipingere vividi paesaggi onirici al testimoniare i picchi di crudo dolore. Rispetto al passato, dove erano esplorati sovente i lati più oscuri dell’umanità e dell’intimità umana, qui si ritrovano diverse canzoni che a loro modo sono canzoni d’amore, fiducia e speranza.

“Heat Me Up” è un brano sull'essere grati per quello che si ha, parla della consapevolezza di avere tra le mani e nel cuore qualcosa di prezioso e della forza che spinge a fare di tutto per proteggerlo e curarlo; “Horses in a dream”, come racconta il chitarrista Mike Cunniff, “esplora la cruda intimità umana, tocca la disperazione e le profonde connessioni emotive che si creano quando due persone sono insieme e completamente libere”.

Dall’altra parte “Container” ragiona sulle seconde possibilità e “Dissolve” offre rassicurazione e una fiducia incrollabile rispetto alla promessa di continuare questo viaggio di guarigione, perché anche i punti di sutura prima o poi si dissolvono. Una delle canzoni più particolari a livello di ispirazione lirica è invece “What Is Taken, Will Never Be Lost”, dove Cox, accompagnato da un ripetitivo e malinconico giro di chitarra, elabora il dolore per la perdita del nonno affetto da demenza con tenerezza e vulnerabilità.  

 

In tutti i casi, il lato lirico è comunque molto spesso più che altro suggerito e suggestivo, non vi è una prosa o poetica chiara, dirompente o particolarmente apprezzabile, rimane quasi agganciata più al lato del sogno che della veglia, se la si vuole vedere in un’ottica alla Victor Hugo (vedi citazione dell’incipit).  

La vera forza della band è infatti cesellata nella produzione curatissima, negli arrangiamenti che lasciano sempre spazio a qualche scelta, movimento o sfumatura insolita o inattesa, sempre coerente ed omogenea rispetto alla proposta ma mai banale, permettendo quindi un ascolto che cresce nel tempo ed evita l’effetto noia dopo i primi paio di ascolti. Ad ogni nuova rotazione si possono notare nuovi particolari, lasciarsi stupire da piccole scelte o riferimenti, trovare piacere nei lati più heavy o nei momenti più melodici a seconda dell’umore o della giornata. 

 

Sundiver è per i Boston Manor il coronamento di un percorso, come testimonia Cox “è un viaggio in questo mondo beato e luminoso che stiamo creando”. Un viaggio che li ha portati a percorrere un’evoluzione personale e sonora varia e mutevole, che arriva con l’ultimo album ad esprimere non tanto una raggiunta felicità salvifica quanto piuttosto la libertà di poter vivere, scrivere e suonare in tutti i modi e le possibilità che desiderano, giocando sempre all’interno di uno spettro circoscritto e riconoscibile, ma abbastanza ricco di sfumature da permettere ai ragazzi di Blackpool di esprimersi in modo sempre diverso e rispecchiante una maturità in continua crescita ed evoluzione.  

Non sappiamo se i Boston Manor siano ancora stati baciati dalla Dickinsiana luce dell’aurora, ma sicuramente, dopo essere stati vivaci e tormentati abitatori della notte, critici e frustrati passeggiatori del giorno e ispirati attraversatori del tramonto, ora si stanno godendo la ricerca del sole dietro le cortine dell’alba. Non sappiamo ancora se il giorno dinnanzi regalerà loro bel tempo, nuvolo o pioggia, e per quanto questo durerà, ma nel frattempo i tenui colori dell’alba stanno promettendo bene e i ragazzi sorridono distesi sull’erba di una casa in campagna. A volte non importa molto come sarà il futuro; nel loro presente stanno abbracciando la natura imprevedibile, gloriosa e devastante della vita come essere umani, amici, genitori e musicisti, e questo a volte è tutto quello che serve.