L’ultima uscita discografica ufficiale di Nic Cester risale al 2009: erano i tempi di Shaka Rock, capitolo, al momento conclusivo, della discografia dei Jet. Si, proprio loro, quelli che nel 2003 scalarono le classifiche di mezzo mondo con quel disco derivativo e divertentissimo intitolato Get Born. La band, pur non essendosi mai ufficialmente sciolta, è stata dormiente fino allo scorso anno, quando è salita nuovamente sul palco per fare da spalla a Bruce Springsteen in cinque concerti.
Da parte sua, invece, Cester non è stato con le mani in mano: si è trasferito in Italia, ha costituito il numeroso ensemble chiamato Nic Cester & The Milano Elettrica, che nel luglio di quest’anno ha fatto da opening band alle date italiane dei Kasabian, e ha iniziato a scrivere le canzoni per il suo primo album solista. Sugar Rush, uscito a novembre via Sester Music, vede a fianco del songwriter australiano niente di meno che i Calibro 35, straordinaria band funky milanese, e in cabina di regia Tommaso Colliva, uno dal pedigree nobilissimo, già produttore, oltre che dei Calibro 35, anche di star internazionali del calibro dei Muse.
Premessa necessaria, questa, perché, a prescindere dalla qualità delle canzoni, Sugar Rush è un disco suonato meravigliosamente e che suona meravigliosamente diverso. Diverso da ciò che Cester ha sempre fatto sotto l’egida Jet: questo esordio è infatti un coloratissimo ibrido fra black music, rock e pop, con una spruzzata psichedelica e un piacevole retrogusto vintage dovuto alla performance dei Calibro 35. Uno scarto notevole rispetto al passato e a quegli anni in cui il citazionismo era divertimento guascone e oggi, invece, è il frutto della decantazione dei gusti di un uomo maturo e più consapevole della propria scrittura.
Nel disco, così, si susseguono l’incalzante rock blues della title track, sinuose leggerezze soul rilette in chiave brit pop (Eyes On The Horizons), lisergiche citazioni beatlesiane (Psichebello, titolo che nasconde un calembour anglo-italiano), intense ballate intrise di gospel (la stupenda Strange Dreams), scorbutici funky blues (Neon Light) e suggestioni soul melodrammatiche scartavetrate dal timbro ruvido di una voce mai così convincente (God Knows). Sugar Rush segna un ritorno per certi versi inaspettato, i cui contenuti sono ben distanti dal Cester che conoscevamo un tempo, e forse proprio per questo decisamente più riusciti e affascinanti. Disco denso di variegati umori e di vincenti intuizioni compositive.