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MAKING MOVIESAL CINEMA
Stronger - Io Sono più Forte
David Gordon Green
2017  (01 Distribution)
DRAMMATICO
all MAKING MOVIES
13/07/2018
David Gordon Green
Stronger - Io Sono più Forte
Il buonismo era ampiamente prevedibile, la ruffianeria pure, un certo patriottismo era messo in conto.

Inevitabile se si andava a raccontare la storia di un eroe americano, sopravvissuto ad un attentato che quell'America aveva sconvolto, e che dopo aver perso, in quell’attentato, le due gambe, aveva saputo rialzarsi e mitigare la ferita, facendosi simbolo.
Ma c'erano dei ma da mettere in conto, c'era prima di tutto la presenza di un attore come Jake Gyllenhaal, che solitamente non sbaglia un colpo, o meglio non lo fa da un po' (vedi gli scivoloni di Prince of Persia, Accidental Love Life), e a cui piacciono le sfide, le trasformazioni fisiche. Qui, aveva ovviamente pane per i suoi denti, mostrandosi giovane, bello e arruffato prima, mostrandosi dolorante, in fin di vita, poi, ad abituarsi ad una nuova vita senza possibilità di alzarsi o camminare e in una riabilitazione piuttosto snervante che va di pari passo con la difficile accettazione di sé, della donna che ama, annegando nell'alcool e in una famiglia diciamo sui generis.
L'altro ma riguarda Tatiana Maslany, che al cinema si è vista poco, che in Orphan Black c'aveva abituato a doppie/triple/quadruple interpretazioni impressionanti.
E poi c'era David Gordon Green, che si fatica ad incasellare come regista, ma il cui nome sapeva promettere di più del solito film patriottico e buonista americano.
Peccato però che non solo le aspettative vengano appagate, ma si trova pure di peggio in una trama che non si capisce se quella famiglia beona, ignorante, poco sensibile che Jeff Bauman si trova attorno la si vuole denigrare o fare specchio dell'America tutta, non si capisce se l'eroe che Jeff rappresenta ha tutte le sfumature dell'antieroe a renderlo più umano, meno simpatico e pure un po' irritante (anche se mai come la madre, come la fidanzata Erin che si capisce, si compatisce, ma mica si giustifica del tutto) o è pure lui un semplice beone che ama la birra.
Soprattutto però c'è una realizzazione del film che lascia interdetti: una regia piatta, televisiva, che perde in efficacia sia nel mostrare quell'attentato che le sue conseguenze, che si perde in momenti di cui poco importa (l'immancabile scena di sesso, che, non vuoi metterla?, e sorvoliamo su come viene gestito il ricovero in ospedale), allungando il brodo, il pathos dove non serve, l'ignoranza collettiva.
Per due ore, tutto fila come deve filare, senza lasciare traccia di emozione, cercando di tirar fuori lacrime ad ogni occasione, pure per il lancio di una pallina da baseball, facendo sbuffare a più riprese pure per un protagonista in balia di se stesso (l'hanno detto, all'inizio, no, che lo psicologo era disponibile?) e poco a poco lo si legge anche nello sguardo di Gyllenhaal -come sempre bravissimo, bellissimo, intenso e fisico- che non tutto sta andando come poteva andare, che il patriottismo si insinua, permeando alla fine tutto il film, portando a un finale che più patetico non si può, in cui in pochi minuti si parla di Iraq, di 11 settembre, di temi scolastici.
La beffa, in tutto questo amor di patria, di amore contrastato ma che vince su tutte le fatiche, arriva poi direttamente da Wikipedia, che informa che nel 2017 gli eroi Jeff e Erin hanno divorziato.
Ma un finale simile è meglio lasciarlo fuori campo, vuoi mica rovinare la trama?