Lo schema di base che smuove ancora una volta le fondamenta di Hawkins, Indiana, è in fin dei conti più o meno lo stesso; le novità arrivano non tanto dalla trama principale quanto da tutto il contesto e il contorno d'epoca, dalle opere omaggiate come al solito dai creatori della serie e dalla naturale crescita dei giovani protagonisti che inevitabilmente porta in eredità nuove dinamiche tutte da sviluppare. La più sentita, quella che regalerà le maggiori emozioni agli spettatori di una certa età, sarà il rapporto padre/figlia venutosi a creare tra lo sceriffo Jim Hopper (David Harbour) e Undici (Millie Bobby Brown), rapporto di per sé già complicato da tutti gli eventi contingenti, in più arriva il carico da undici (scusate il gioco di parole) dato dalla prima cotta amorosa della ragazza per Mike (Finn Wolfhard), motivo di preoccupazione e gelosia per il burbero tutore dell'ordine di Hawkins. Sia lo sviluppo delle vicende private dei protagonisti, così come i riferimenti più frivoli, si muovono in direzione sentimentale, abbracciando il lato più romantico presente in molti dei film teen già negli eightees: Dustin (Gaten Matarazzo) torna in città dopo un mese di vacanza paventando una relazione romantica con una certa Suzie, una ragazzina che pare essere addirittura più sexy di Phoebe Cates; Max (Sadie Sink) è ormai parte del gruppo, come se fosse stata con i ragazzi fin dall'inizio, e guida Undici dall'alto della sua esperienza (???) nella relazione con Mike, affermando una posizione femminile predominante, per la gioia del suo boyfriend Lucas (Caleb McLaughlin). Mentre Mike e Lucas si preoccupano delle rispettive cotte adolescenziali, Will si sente sempre più solo, i ragazzi crescono, gli interessi cambiano, nessuno vuole più giocare a D&D, ci sono le ragazze e lui è rimasto un po' più bambino, forse anche a causa degli eventi traumatici visti nelle stagioni precedenti. Per tanti e diversi motivi il gruppo sembra sfaldarsi poco a poco. Anche la serie segue più binari, uno dove i protagonisti sono Dustin, Steve Harrington (Joe Keery), la new entry Robin (Maya Hawke) e l'insopportabile (ma spassosissima) sorellina di Lucas, Erica (Priah Ferguson); un'altra segue il resto del gruppo di ragazzi insieme a Jonathan Byers (Charlie Heaton) e Nancy Wheeler (Natalia Dyer) mentre l'ultima mette sotto i riflettori le peripezie degli adulti.
Cambia il lavoro fatto con la fotografia e l'uso dei colori, molto più accesi, giocosi, anche questo aspetto richiama il lato più spensierato degli 80, con abiti, acconciature e accessori molto improbabili (eppure per noi che li abbiamo vissuti...), anche la scelta di mettere al centro della vicenda, oltre all'immancabile laboratorio, un grande centro commerciale, oltre a omaggiare Romero segue quella direzione finora inedita che sposta lievemente tutti i riferimenti (con una capatina nei 90 dalle parti del Mallrats di Kevin Smith?). A livello di contenuti si slitta dal fantastico per ragazzi che ha definito le prime due serie (e comunque sempre presente) all'action di stampo ottantiano e soprattutto all'horror di quegli anni che in questa terza stagione assume un ruolo fondamentale tra le ispirazioni dei Duffer. Oltre agli zombi di Romero infatti si guarda ad Alien, a La cosa, a La casa di Raimi, al classico L'invasione degli ultracorpi e a diversi altri film di genere, sul versante dell'azione pura si sottolinea il clima da Guerra Fredda con il nemico russo, il contrasto tra capitalismo e comunismo, l'avversario inarrestabile in stile Terminator, il tutto sempre in bilico tra dinamismo e ironia. Sul versante puramente horror si preme un poco l'acceleratore su quegli che sono gli schemi del genere, inseguimenti nei corridoi d'ospedale, scioglimento di corpi, lacerazioni all'arma bianca e qualche scena un po' più cruda che su qualche ragazzino un po' più d'effetto potrebbe anche farlo (mia figlia ad esempio qualche passaggio con gli occhi chiusi l'ha fatto).
Si perde un po' di vista il Sottosopra, i mostri sono sul nostro lato dell'esistenza, la storia diverte e si guarda che è un piacere anche se non si distingue per originalità, però i personaggi evolvono, crescono e sono scritti molto bene, la stagione è compatta seppur il gruppo non è quasi mai tutto unito, l'esperienza è ancora di alto livello e regala almeno una sequenza magnificamente divertente, il momento migliore della stagione che unisce l'aspetto più nostalgico a quello cazzaro mettendo al centro quello che alla fine è il vero idolo di Stranger Things un po' per tutti (e voi sapete chi è). Nostalgia, sentimento, azione, divertimento, tensione, c'è davvero un po' di tutto e tutto è nel giusto equilibrio. Sembra quasi certo si vada avanti, io non aspetto altro che tornare tra le strade di quella piccola grande cittadini che è Hawkins, Indiana con la speranza di poterci incontrare anche chi da quella cittadina è ormai andato via.