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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
09/01/2023
Dion
Stomping Ground
Come dice Pete Townshend nelle note di copertina di Stomping Ground, “L’ispirazione non è qualcosa che puoi toccare o sentire. E’ come una polvere magica, ben più potente della droga, e arriva da ciò che facciamo e vediamo, come pure da quello che gli altri dicono e compiono, e stimola l’azione.” Ed è davvero incredibile il modo in cui sia riuscito Dion, durante il periodo di lockdown di un paio di anni fa a trovare l’energia per completare un album carico di ottimismo e ospiti importanti, per ricordare che tutto passa e non bisogna mai smettere di sperare e inseguire i propri sogni.

Sembrerebbe proprio che per Dion Francis Dimucci scrivere sia una necessità e il suo piacere di fare dischi aumenti con l’età (a luglio il “ragazzo" ha spento 83 candeline). Non si spiegherebbe altrimenti, dopo l’acclamato Blues with Friends, l’arrivo quasi immediato di Stomping Ground (2021), a dimostrazione che essere ispirati sia uno dei migliori sentimenti che si possano provare, soprattutto in un periodo contingente talmente folle da poter azzerare tale dote. Ma, si sa, Dion, o meglio Mr. Inspiration come chiamato da Townshend, è sempre stato avanti, sin dai lontani epici esordi quando, chitarra in mano, girava gli States, lui, nato nel Bronx da famiglia italo-americana, cantando rock and roll hit come "The Wanderer", "Runaround Sue" e "Lovers Who Wander", e influenzando gran parte dei personaggi ospiti di questo album.

Quattordici brani, ognuno contraddistinto almeno da un musicista di fama internazionale, per un’opera che, come la precedente, viene pubblicata sotto l’etichetta indipendente Keeping the Blues Alive Records, creata da Joe Bonamassa per consentire agli artisti blues di esprimere senza compromessi il loro talento. E proprio il chitarrista americano è il primo special guest nella funkeggiante "Take It Back", ove lo struggimento per la fine di un amore è occasione per ascoltare i suoi lancinanti assolo di Gibson. Dion canta che è un piacere, basta ascoltarlo nella bizzarra "Hey Diddle Diddle", deliziosamente “funestata” dalla sei corde di G.E. Smith, abile a rendere speciale con il suo stile e la sua tecnica un motivo molto vicino per atmosfera ad alcune cose di Tom Petty. Tutte le composizioni sono autografe, a parte una straniante "Red House" di Hendrix riletta in modo originale insieme a Keb’ Mo’ e la sua slide tagliente, scritte da Dion in solitaria o, spesso, con Mike Aquilina, e la maggior parte dei contributi delle “star” giungono tramite chitarra, dalla latineggiante "Dancing Girl", in bilico tra country, swing e blues, che Mark Knopfler colora sorprendentemente di sfumature in stile Dire Straits con la sua “strato” rossa, al vigoroso shuffle di "If You Wanna Rock and Roll", dove Clapton si lascia andare a “soli” rimembranti il suo passato con John Mayall e i suoi Bluesbreakers.

 

“Prima di tutti per me ci furono Dion, Buddy Holly e Jerry Lee Lewis. Poi arrivarono Muddy Waters e B.B. King”, racconta Eric gonfiando così d’orgoglio il petto del buon Dimucci e il viaggio insieme a straordinari chitarristi continua con Peter Frampton, nella stupenda ballata "There Was a Time". L’autore di "Baby I Love Your Way" è incontenibile, suona note affascinanti e uniche, a tratti ricorda un poco il mood malinconico di "Django Reinhardt" e aderisce perfettamente alle liriche che parlano di una relazione in crisi: “C'era un tempo, tanto tempo fa. C'era un fuoco, c'era un bagliore. E c'eri tu, io non lo capivo. C'era un tempo”.

Lo stile Bottleneck di un al solito generoso Sonny Landreth imperversa in "Cryin’ Shame", che con metafore azzeccate parla di buio e nebbia, di terra e radici, di voglia di scoprire e di ritrovarsi. The King of Slydeco è importante anche nel tributo a Dr. John intitolato "That’s What the Doctor Said": infatti è lui a consigliare Steve Conn, eccellente pianista della sua band, per questo pezzo spiritato, con dei fiati da urlo, in equilibrio tra rock e blues di New Orleans, ideato in onore del pioniere della mescolanza di suoni e generi diversi.

Il coproduttore di Stomping Ground, Wayne Hood, è anche polistrumentista e raffinato arrangiatore d’archi e ottoni, e insieme al chitarrista Joe Menza è protagonista nella bellissima "The Night is Young", probabilmente la migliore composizione del lotto da parte del duo Dion/Aquilina. Tale brano piace per la capacità di risultare moderna e autentica pur attingendo dalla tradizione dei grandi songwriter, come Al Stewart, puntando a disegnare melodie vicine al repertorio degli America.

 

"Quando ero giovane, ero sempre alla ricerca di riconoscimenti e ammirazione. Quelli erano i miei obiettivi. Ma quando li raggiungevo, non mi soddisfacevano. Ho scoperto la felicità quando ho smesso di preoccuparmi di tutto questo. Sono grato ai miei amici che hanno fatto Stomping Ground con me - e ai miei nuovi amici che lo stanno ascoltando". 

 

E a proposito di amici, Billy Gibbons trasforma la title track in una cavalcata in declinazione ZZ Top. Il “deus ex machina” texano incita il suo compare nei primi secondi, C'mon, Dion! Here we go now… A-one, a-two, very well”, e poi suona come un forsennato, con la sua anima inzuppata profondamente nel blues. Le liriche sono un’esortazione a non mollare mai, come racconta il protagonista della storia. Anche gli angoli più oscuri della propria città possono essere vissuti diversamente, cercando di dare un ritmo con un pizzico di fantasia a ogni rumore, dalle sirene al semplice calpestio del suolo, tramutando le angosce in divertimento, metafora di quanto “fare e vivere” la musica sia un modo per riscattarsi.

Uno degli episodi più toccanti dell’LP è "Angel in the Alleyways", dove Dion rende terreni gli angeli, evoca la possibilità che stiano tutt’intorno a noi e traccia un parallelo con le note celestiali di Stevie Ray Vaughan e B.B. King. Risulta veramente azzeccata la presenza di Patti Scialfa, la quale mette in evidenza il suo talento vocale gospel, e del suo consorte, Bruce Springsteen, diviso tra alcuni fraseggi di chitarra e un’armonica toccante.

La conclusione di "My Stomping Ground" dimostra ancora una volta l’ecletticità del progetto, con una briosa "I’ve Got to Get to You" (ispirata da una conversazione con Roy Orbison di più di cinquant’anni fa) inebriata dalle Gibson Les Paul di Joe e Mike Menza e dai vocalizzi inconfondibili di un istrionico Boz Scaggs. E se non bastasse, arriva la Regina del boogie di New Orleans Marcia Ball, verace e feroce nel dare una ventata di freschezza a "I Got My Eyes on You Baby", insieme a Jimmy Vivino.

"I’ve Been Watching" chiude saggiamente l’album con un meraviglioso duetto tra il padrone di casa e la fantastica Rickie Lee Jones. Si tratta di una ballata dall’irresistibile sabor latino già edita, come accaduto per altre canzoni nella tracklist di Stomping Ground, però anche questa versione surclassa la precedente per il carisma della cantante americana, in grado di trasformarla in qualcosa di differente, facendola sua, marchio di grande arte. Le parole assumono un significato profondo, quando viene detto: Ammirando il cielo rosso come non l'ho mai visto prima, tutto sembra il preludio di qualcosa di più, la linea dell’orizzonte non è la fine di nulla…Ho guardato il sole scendere, ho visto miracoli tutto intorno". Speranza, amore per la vita e fiducia per qualcosa oltre essa, ma anche passione e voglia di godersi lo spettacolo fino al termine, questo è sempre un po’ stato il motto di Dion Dimucci. La sua esperienza lo ha portato a credere che a ogni momento di difficoltà ne segua uno migliore e ci sia sempre una possibilità di redenzione. Stomping Ground ne è palese esempio e proprio con la musica e la sua condivisione con amici e fan, Dion ha superato il terribile biennio della pandemia. Ecco forse una chiave di interpretazione dell’esistenza: cercare la bellezza nell’arte, coglierla e offrirla a tutti coloro che vogliono scoprirla.