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REVIEWSLE RECENSIONI
15/01/2021
The Rolling Stones
Steel Wheels Live
“Sono principalmente interessato a fare cose nuove. Non vivo nel passato proprio per niente…”. Parole di Mick Jagger nel 1989. Prontamente rispettate in questo Steel Wheels Live. Oltre due ore e mezza di energia, sfrontatezza e spettacolarità. E ovviamente di musica, con un album nuovo, appena discreto, da presentare, che trova piacevolmente la sua vera dimensione dal vivo.

Ho riflettuto a lungo se convenisse recensire questa uscita discografica dei Rolling Stones.

In fondo esisteva da tempo il bootleg della diretta televisiva e molte voci oramai li davano per morti e sepolti già nel 1989, anno da cui è tratto questo concerto in Atlantic City.

Ebbene, nonostante la breve imbarazzante introduzione basata su Continental Drift, episodio ardito, ma mal riuscito di Mixed Emotions, vedere entrare la Band, pensare che quello sarebbe stato l’ultimo tour con Bill Wyman e godere delle prestazioni dell’incomparabile mostro sacro Chuck Leavell, mi ha convinto che bisognava scriverne, rinfrancato inoltre dall’ottima qualità audio video del Blu-ray.

Ad essere sinceri ho provato commozione vera anche nell’osservare il tipico ballo degli anni ‘80 palesato dal sempreverde Jagger in Start Me Up…insomma mi sono di nuovo catapultato in quell’epoca e, per quanto a mio modesto parere il loro album appena uscito fosse traballante, si trattava comunque del primo disco di inediti da Dirty Work, del loro ritorno dal vivo dopo ben sette anni ed ascoltare le performances di Sad Sad Sad, Terryfing e Rock and a Hard Place adattate per il live act assumeva tutt’altro rilievo rispetto alle versioni in studio.

Che dire, sicuramente in alcuni tratti non raggiungono la perfezione, addirittura, a detta dei detrattori, usando un eufemismo, non sono virtuosi dei rispettivi strumenti, ma tali affermazioni non sono altro che retaggio dell’eterno conflitto con i fans dei Beatles, solo per citare il confronto più famoso.

In realtà gli intrecci chitarristici tra Richards e Wood per tutta la durata dello show (fulgido esempio Midnight Rambler e Miss You) sono azzeccati oltre che selvaggi e il contributo della band che li circonda è notevole. Charlie Watts e Bill Wyman non perdono un colpo e fanno da collante ritmico in uno spettacolo studiato in ogni dettaglio.

Cindy Mazelle, Lisa Fischer e Bernard Fowler accanto a Mick (oltre a cantare e strimpellare a sprazzi la chitarra, ma quanti chilometri fa quest’uomo su e giù dal palco???) sono chiaramente degni di nota come backing vocalists e il sorprendente Matt Clifford crea una magica atmosfera alle tastiere. Quest’ultimo lascia di stucco, impeccabile con Leavell nella sorprendente 2000 Light Years From Home da Their Satanic Majesties Request. Forse è leggermente esitante al french horn in You Can’t Always Get What You Want, ma poi la canzone fila liscia.

E diventa pure uno degli highlights insieme a Ruby Tuesday, che gode dell’apporto fondamentale di Keith, in cui Jagger invita gli spettatori a tenersi la mano se si sentono in sintonia con il vicino (situazione che, perdonatemi, ma commuove in questo momento) e a Salt Of The Earth.

Axl Rose e Izzy Stradlin, primi special guests della serata, contribuiscono a rendere epica questa versione che vede Richards dare il via al pezzo cantando la prima parte di strofa. A seguire è un trionfo di screaming guitars grazie a Wood (imperturbabile alla slide) ben supportato dal chitarrista dei Guns N’Roses.  A un concerto delle Pietre Rotolanti non si può fare a meno del blues. Little Red Rooster presenta probabilmente uno dei più bei solo di Mr. Slowhand Clapton pubblicati su disco. Anche Boogie Chillen è un florilegio di chitarre con l’eroe d’infanzia John Lee Hooker assolutamente e giustamente primattore.

Non può mancare a questo punto l’angolino dedicato a Keith Richards con la nuova inebriante Can’t be Seen e la storica Happy.

Menzione a parte per le prestazioni eccellenti del mitico Bobby Keys (potente il suo sax in Sad Sad Sad e da brivido durante Miss You) e degli Uptown Horns che furoreggiano qua e là nella setlist. Sono assolutamente imperdibili nella vibrante Harlem Shuffle e nel classico dei classici Tumbling Dice.

Se volessi trovare un difetto a questo live non posso che parlare del finale.

Certamente per uno show acclamato e condiviso da tutta la folla occorre anche l’interpretazione dei pezzi più famosi. Paint It Black e Sympathy For The Devil sono vigorose, Gimme Shelter è accettabile, ma Brown Sugar, (I Can’t Get No) Satisfaction e Jumping Jack Flash risultano sottotono.

Probabilmente pagano il prezzo di essere onnipresenti in scaletta. In più erano già stratosferiche nelle registrazioni originali, e ciò ha decisamente contribuito a renderle mitiche, difficili da migliorare.

Non deludono invece, sapientemente posizionati a metà concerto, i dieci minuti di Midnight Rambler dove Mick Jagger ci ricorda che sa suonare (e bene!) l’armonica.

Nel 1991 a corredo di questo tour uscì l’insipido Flashpoint, quattordici canzoni più due inediti in studio assolutamente sorvolabili. Ebbene con questa pubblicazione finalmente si rende giustizia a quel mastodontico spettacolo, capace di rendere attraenti anche pezzi sottovalutati per potenza ed impatto come Undercover Of The Night, uno dei brani più profondi e sorprendenti composti negli anni ‘80 dai Rolling Stones.


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