La storia dei Burma Shave inizia tanti anni fa, quasi trentacinque, quando Remco Prins (chitarra, voce), Paul Martin (voce solista), Niels Göbel (chitarra), Michiel de Vos (basso) e Lennart Bess (batteria), cinque ragazzini de L’Aia (Olanda), fondano la band, rubando il nome a una famosa canzone di Tom Waits, con l’intento di replicare il suono new wave, che tanto va di moda in quegli anni.
Dopo una lunga gavetta sui palchi dei Paesi Bassi, nel 1990 i Burma Shave suonano per la prima volta fuori dai confini del proprio paese, al festival Down By The Laituri, nella città finlandese di Turku. In Finlandia fanno amicizia con il batterista degli Urban Dance Squad, Michel Schoots, che nell'estate del 1991, produce il primo album del quintetto, registrato all'Orkater Studio di Amsterdam. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia però, perchè lo stile musicale della band è tutta un’altra cosa: chitarre e doppia voce solista per un mix incandescente di rock, funk, blues e rap.
Grazie a questo aggancio e a una sempre maggiore rilevanza mediatica, i Burma Shave firmano il loro primo contratto discografico con l'etichetta indipendente Top Hole Records. Il loro omonimo debutto esce nella primavera del 1992, trainato dal singolo Hippies, con cui ottengono un buon riscontro di vendite anche nel vicino Belgio. Alla fine del 1992, la band parte per un tour in terra francese e attira l'attenzione della Sony Squatt, con cui firma un nuovo contratto. Il disco, registrato presso gli ICP Studios di Bruxelles, sotto la Guida di Michel Schoots, è composto da brani presenti nell’album d’esordio, completamente remixati, e da brani nuovi di pacca.
Questa in breve la storia che porta, nell’estate del 1993, alla pubblicazione di Stash, esordio trainato da due singoli come Movin' up the Cattle e Hippies, che conquistano numerosi passaggi a MTV. E’ il momento migliore della carriera del quintetto olandese, quello che dà soddisfazioni in termini di vendita e che strappa giudizi lusinghieri da parte della critica internazionale. Perché Stash è un gioiellino misconosciuto e perso nelle pieghe del tempo, un disco divertente e zeppo di interessanti intuizioni. Figlio del decennio e di quel suono che vede le chitarre al centro della scena, l’esordio dei Burma Shave possiede una robusta ossatura funky, con cui la band declina una musica ruvida, a tratti rumorosa, che miscela con sapienza rap, rock, blues e melodie istintive ma efficaci. In queste quattordici canzoni si posso cogliere echi dei Primus e dei primi Faith No More, ma la formula mantiene comunque un propria originalità di fondo.
Si parte col tiro scanzonato e irresistibile di Hippies, il loro brano più famoso: piede che pigia sul pedale wah wah, le due voci, quella più levigata di Prins e quella ruvida di Martin, che si rincorrono e si sovrappongono, per sfociare in un ritornello che acchiappa fin da primo ascolto. Tiro alto anche nella successiva Homeboys, che è funky rap dall’armatura hard, e fin dal primo ascolto è impossibile non evocare i Red Hot Chili Peppers, che in quegli anni fanno scuola e proseliti.
La proposta, però, è assai variegata e spiazzante: il secondo singolo Movin’ Up The Cattle è uno strano mix di country rock sudista e rap, che scivola rapido sull’ennesimo grove funky e sfodera, inaspettata, un chitarra slide, B. B. Bear si muove vorticosa in un ribollente magma noise, BS 1 declina un rock blues pesissimo infiammato dal cantato rap al vetriolo di Martin, la title track infiamma con un funky metal livido e violento, Run For Fun ammorbidisce la scaletta con una breve apertura giocosa, mentre On My Way mostra ancora i muscoli attraverso un funky saltellante e lascivo, su cui Martin rappa come un califfo con la raucedine.
I sentori vagamente jazzy di Riffle chiudono il disco e anche i giorni di gloria della band, che, tra cambi di line up e case discografiche, continua a rilasciare dischi in un anonimato pressoché totale. Stash, però, merita un giro di giostra, è un disco bizzarro, divertente e graffiante, coagulo elettrico di quelle tendenze sonore che hanno caratterizzato la prima metà degli anni ’90.