Cerca

logo
RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
08/07/2024
Rod Stewart
Stardust…The Great American Songbook Volume III
Umiltà e misura. Sembra strano utilizzare queste parole per Rod Stewart, ma nel terzo episodio dedicato alla storia della musica americana, l’autore di “Da Ya Think I’m Sexy?” fa centro proprio dandosi queste coordinate. Riassaporiamolo esattamente a vent’anni dalla sua pubblicazione.

Nel terzo volume dedicato al libro della storia della musica a stelle e strisce, Rod Stewart esce allo scoperto. Quando un album presenta hit immortali come “Embraceable You”, “Blue Moon”, “A Kiss to Build a Dream On”, “Stardust” e “Isn’It Romantic” con autori del calibro di Gershwin, Hammerstein, Hoagy Carmichael, Rodgers & Hart, è chiaro che nel giudizio conti solo l’interpretazione. Risulta infatti impossibile discutere della qualità del materiale originale.

Ebbene, il buon Rod con profonda sensibilità, grande tatto e rispetto riesce nell’intento di dare nuova vita agli evergreen citati e a molti altri. L’ex frontman dei Faces non ha più la voce degli anni Settanta, ma, come un buon vino invecchiato bene, si abbina gustosamente alle melodie celebri di “For Sentimental Reasons”, perla tratta dal repertorio di Nat King Cole ed Ella Fitzgerald, o di “’S Wonderful”, la cui prima versione è addirittura datata 1927, epoca del musical di Broadway Funny Face.

 

«Sono stato sorpreso, lusingato e, sì, onorato, che quattro artisti straordinari come Bette Midler, Dolly Parton, Eric Clapton e Stevie Wonder si siano uniti a me in questo disco. Lavorare con loro ha fatto emergere il meglio di me e sono molto orgoglioso dei brani che abbiamo realizzato insieme».

 

Stewart è bravo a chiamare a raccolta fior di musicisti che da parte loro danno il loro aiuto con la giusta carica. Ecco allora Eric Clapton e la sua chitarra nella già citata “Blue Moon”, mentre Stevie Wonder si distingue con la sua armonica a bocca nell’evergreen di Louis Armstrong “What a Wonderful World”. Pure due immarcescibili “ragazzine” sono della partita: Bette Midler duetta in “Manhattan”, sempre dei mitici Rodgers & Hart, Dolly Parton infonde tutta la sua grazia in “Baby, It’s Cold Outside”, una canzone datata 1949 scritta da Frank Loesser.

Non solo nomi celebri per questo progetto, ma anche jazzisti e session man di notevole lignaggio: dal piano vellutato di Dave Grusin in “I Can’t Get Started”, al basso sognante di Ed Howard per “But Not for Me”. Merita una menzione speciale la splendida “Night and Day” di Cole Porter, basata sull’arrangiamento originale di Buddy Bregman, uno dei più grandi direttori d’orchestra americani.

La chicca finale è una sorpresa. Rod sceglie un classico speciale, “A Nightingale Sang in Berkeley Square”, che si fonde e confonde perfettamente nell’atmosfera evocativa e a tratti malinconica del progetto. Peccato sia una romantica canzone d’amore britannica, con nulla a che vedere, a prima vista, con l’epopea musicale a stelle e strisce. Tuttavia il buon Stewart la sa lunga e questo brano funge da “ponte oltre oceano”, a dimostrare che, alla fine, ciò che conta è la bellezza della musica e anche alcuni tratti caratteristici di due nazioni da lui tanto amate sono in realtà strettamente collegati.

 

Stardust…The Great American Songbook risulta senza ombra di dubbio il più interessante dei quattro volumi dedicati al pop tradizionale americano ed è un importante e tranquillizzante capitolo nella storia di “Rod the Mod”, una vita vissuta costantemente con il piede ben premuto sul pedale dell’acceleratore, con tante sbandate, ma sempre un obiettivo chiaro da raggiungere all’orizzonte. Un artista sempre sulla cresta dell’onda, tuttora impegnato in un tour che ha appena toccato anche l’Italia. Una star mai fuori moda, come i classici contenuti in questa emozionante raccolta.

 

«Non mi ritirerò mai! Sono stata messo su questa terra per fare il cantante e continuerò a farlo finché il buon Dio me lo permetterà».