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REVIEWSLE RECENSIONI
01/09/2023
Greta Van Fleet
Starcatcher
Con Starcatcher i Greta Van Fleet pubblicano il loro disco più bello e consapevole, lussureggiante e ricco di idee, mettendo definitivamente a tacere le critiche, spesso ingiuste, di tanti detrattori.

E’ sempre un problema quando bisogna affrontare la nuova uscita di un gruppo incredibilmente divisivo come i Greta Van Fleet.

La band originaria del Michigan, nata più di dieci anni fa, ha avuto un'interessante traiettoria musicale fin dall'uscita del loro primo singolo "Highway Tune" nel 2017. Non solo, infatti, il gruppo ha ricevuto riconoscimenti per le proprie esibizioni live e il materiale registrato in studio, incluso un Grammy per il miglior album rock con il loro EP From The Fires, ma ha anche attirato parecchie critiche da parte di coloro, moltissimi, che li definiscono derivativi e figliocci inconcludenti dei leggendari Led Zeppelin. Pur prendendo in considerazione queste aspre critiche, talvolta non proprio giustificate, i quattro hanno continuato a rifinire il loro sound ed esplorare diversi lati dell'hard rock di matrice settantiana, arrivando oggi al loro terzo album, Starcatcher. Con quali risultati? Hanno dimostrato che i loro critici si sbagliavano oppure stanno nuovamente prestando il fianco a tanti convinti detrattori?

 

La prima cosa evidente è che Starcatcher espande il suono, lo stile e le influenze della band per un album che esplora territori in parte diversi rispetto al materiale precedente. Nell’opener "Fate Of The Faithful", ad esempio, la solida base rock blues è ancora presente, impressiva come sempre, ma ci sono elementi aggiunti che derivano dalla psichedelia degli anni '60/'70, un suono che, al momento, pare essere tornato molto di moda. Elementi derivativi? Certo. Ma quale musica non fa riferimento al passato? Tuttavia, per tutta la durata di Starcatcher, i GVF mostrano una notevole evoluzione nella scrittura delle canzoni, e la conoscenza del rock classico è solo lo spunto per creare un’alchimia cangiante, ricca di eccitazione e di seducenti melodie.

Canzoni come "Waited All Your Life", "Sacred The Thread", "The Archer", "Meeting The Master" e "Farewell For Now" sono le migliori testimonianze di questa evoluzione, in cui il contributo di ogni singolo membro si fonde con gli altri in modo fluido, creando una fantastica musicalità, più complessa, più consapevole. Un brano come "The Archer", ad esempio, con il suo lussureggiante e vibrante interplay fra chitarre, crea un tappeto sonoro meravigliosamente psichedelico intorno al quale ruotano in perfetta simbiosi basso, batteria e la voce di Josh Kiszka, le cui performance, spinte sempre al limite, potranno far storcere il naso a chi continua a elaborare paragoni con Robert Plant, ma la cui resa, se contestualizzata, è davvero di grande effetto.

 

Stupisce, in una scaletta che fila via assai coesa la strana presenza di "Runway Blues", una canzone che dura solo un minuto e diciassette secondi e che suona come una jam improvvisata, in cui la band, divertita e totalmente libera, sbriglia gli strumenti, tornando a un suono rock blues essenziale ed energico. Peccato la breve durata e l’incomprensibile dissolvenza: questo è un brano che dal vivo potrebbe davvero spaccare, se adeguatamente allungato, ed è un piccolo mistero il suo inserimento in una forma dal minutaggio così costretto.

Nel complesso, a parte questo, i GVF hanno realizzato un ottimo album rock blues psichedelico, che dovrebbe soddisfare sia i fan di lunga data, sia tutti coloro che, amanti di sonorità vintage, si approcciano alla band per la prima volta. Perché in Starcatcher tutto funziona a meraviglia, a partire dalla scrittura e della ricca produzione di Dave Cobb, che rende giustizia a quattro giovani ragazzi, a cui non si può non riconoscere un’ottima caratura tecnica e un bagaglio di idee brillanti, e che, invece, troppo spesso, vengono ingiustamente accusati di mero passatismo. Questa nuova prova, però, potrebbe far ricredere in modo definitivo tanti detrattori: basta dare un ascolto per comprendere che, piaccia o meno, i Greta Van Fleet possiedono una marcia in più, e la sanno usare molto bene.