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REVIEWSLE RECENSIONI
24/04/2021
A.A. Williams
Songs From Isolation
Una raccolta di cover intima, straziante, depressa, con cui A.A. Williams rilegge, stravolgendole, nove celebri canzoni

Sull’onda del successo dell'album di debutto Forever Blue, infuso di dreampop, post rock e atmosfere crepuscolari, A.A. Williams ritorna con Songs From Isolation, una raccolta di cover essenziali, in cui la dark lady porta al centro della scena la sua voce ipnoticamente strutturata e malinconica, accompagnandosi principalmente al piano. Una rilettura personale, cupa e scarna, che riflette il periodo tragico in cui queste rielaborazioni sono state concepite e suonate.

Il progetto inizia con una suggestiva interpretazione di Lovesong dei Cure, e se nell’originale il tema della lontananza era mitigato attraverso la dolcezza di un approccio smaccatamente pop, la Williams mette a fuoco in modo austero il senso di perdita, offrendo un'esposizione disadorna in cui il dolore della solitudine e dell’abbandono si fa lancinante.

Where Is My Mind, dal debutto dei Pixies, Surfer Rosa, è, nella sua forma originale, un esempio del proto-grunge-pop che ha ispirato il movimento nato a Seattle. Williams elimina, però, il pirotecnico tiro strumentale e la spavalderia autoironica, incarnando invece un inquietante senso di dislocazione e confusione.

La Williams trasforma in modo innovativo anche il folk di If You Could Read My Mind di Gordon Lightfoot, come fosse un manifesto neo-noir, e rilegge Creep dei Radiohead rallentandola in modo ipnagogico, per spingere il mood depresso in una stretta claustrofobica.

Qualcosa manca alla sua versione di Knights in White Satin di The Moody Blues, eccessivamente lenta rispetto all’originale e quasi esercizio di stile, mentre la cover Be Quiet and Drive dei Deftones (band che la Williams porta nel cuore) dà vita alla rilettura esteticamente radicale e decisamente più intrigante dell'album.

Quasi impossibile che, parlando di isolamento e di lockdown, non comparisse in scaletta anche una versione Every Day Is Exactly the Same dei Nine Inch Nails, originariamente proto industrial e nichilista, che invece la Williams veste di nuovi abiti, evidenziando brillantemente il senso di insicurezza che sta alla base della canzone, flagellandosi per i propri fallimenti invece che offrire un ironico commento sull'insipidezza della vita contemporanea. E’ l’universale che si fa personale, intimo, privato.

Se Into My Arms di Nick Cave è sospesa in uno sfarfallio atemporale, a cui forse manca il pathos dell’originale, Songs From Isolation si chiude con una versione di Porcelina of the Vast Oceans degli Smashing Pumpinkins (nove minuti e mezzo l’originale, qui ridotti alla metà) la cui struttura prog viene smantellata e trasformata in una dolcissima litania, capace di toccare vertici emotivi inaspettati.

La maggior parte delle cover di Songs From Isolation risultano davvero spiazzanti, decisi cambi di direzione rispetto agli originali, figli di una visione e uno stile che stravolgono clamorosamente ciò che avevamo imparato a conoscere e ad amare. Alcune sono centratissime, altre meno, ma nel complesso rappresentano un’impresa ambiziosa e decisamente riuscita. Forse, per qualcuno, questa scelta intimista, estremamente manichea, potrà risultare troppo pesante e monocorde. Se si entra, però, nel mood del disco, in questa disperata narrazione che riflette il buio dei nostri giorni, e ci si abbandona anima e corpo alla musica, il senso di immedesimazione emotiva risulterà totale.


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