“Qui, in questo bar, tutti sapevano bene perché erano di Marsiglia e non di fuori, perché vivevano a Marsiglia e non altrove. L’amicizia che aleggiava qui, tra i vapori dell’anice, si comunicava con uno sguardo. Quello dell’esilio dei nostri padri. Ed era rassicurante. Non avevamo niente da perdere, avendo già perso tutto.”
Jean-Claude Izzo se n’è andato troppo presto, nel 2000, a soli 55 anni, stroncato da un cancro ai polmoni. Metà italiano e metà francese, ha trascorso tutta la vita a Marsiglia. La sua Marsiglia, “sempre a mezza strada tra la tragedia e la luce”. Ce l’aveva nel cuore, nel sangue e negli occhi. Una città ricca di colori, profumi e sapori, che Izzo, attraverso le sue pagine, ha descritto in modo magistrale, inebriando i sensi e nutrendo l’immaginazione dei suoi lettori.
Di Marsiglia ha saputo raccontare anche le contraddizioni, frutto di una commistione di esseri umani con origini, culture e religioni differenti, che però, nonostante le dissomiglianze, sono riusciti a convivere, grazie alla creazione di un’identità più o meno condivisa, perché la città e la sua comunità hanno sempre accolto tutti.
L’amore di Izzo per Marsiglia è incondizionato. Non fa semplicemente da sfondo ai suoi racconti, ne è il centro. Attraverso le sue parole, quelle affidate a Fabio Montale, protagonista straordinario della “Trilogia marsigliese” composta da Casino Totale (1995), Chourmo (1996) e Solea (1998), la città prende forma, fino a diventare reale.
La si può vedere nel quartiere Panier, annusare nel profumo dolciastro dell’anice del Pastis, assaggiare in un piatto di verdure farcite e sorseggiare piano, come si farebbe con un buon vino d’annata, dal gusto deciso e rotondo. La sensazione è quella di conoscerla e di amarla (perché credetemi, si finisce per amarla) anche se non ci si è mai stati. Marsiglia è lì… Basta allungare la mano per poterla toccare. Basta chiudere gli occhi per immergersi nel blu del suo mare e sentire il sole sulla faccia.
Si fa quasi fatica a pensare che Fabio Montale sia un personaggio immaginario e in effetti lo è a metà. Perché Montale, in un certo senso, è Izzo. È la sua proiezione, una sorta di estensione o se preferite, alter ego. Montale possiede l’indole del suo ideatore e si fa portavoce del suo pensiero, dei suoi valori e della sua visione.
Fabio Montale è molto severo nel giudicare se stesso, è reale nei suoi desideri, nelle sue contraddizioni, nelle sue prese di coscienza, nei suoi infiniti “avrei dovuto” che gli creano rimorsi e sensi di colpa, nelle sue fragilità, ma soprattutto nella sua grandissima umanità e nel suo stare sempre a fianco degli ultimi, dei meno fortunati, di quelli che dalla vita hanno ricevuto sempre e soltanto un giro di carte sbagliato.
Solea, che prende il titolo da un pezzo di Miles Davis, è l’ultimo capitolo della trilogia e, a parere di chi scrive, è quello più intenso, più poetico e allo stesso tempo disincantato. Quello in cui Izzo lascia tanto, tantissimo spazio ai sentimenti. Morte e amore si camminano accanto. Si intrecciano, fino a fondersi, come se una cosa non potesse esistere senza l’altra. Finiscono con il diventare due facce della stessa medaglia, all’interno di una vita che spesso non perdona, non dà tregua e che puzza di morte: “La vita puzzava di morte. Anch’io puzzavo di morte.”
L’amore e la morte, in un gioco senza fine tra bene e male. L’odore della morte che pervade tutto, fino a quando non torna l’amore a spazzarlo via e a ricordarci che la vita, nonostante tutto, merita di essere vissuta, intensamente, fino all’ultimo respiro. Quella vita da cui si può attingere bellezza a piene mani, basta saperlo fare e soprattutto volerlo fare. Izzo cita Pavese, in quei meravigliosi versi di “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”: “Sarà come smettere un vizio, come vedere nello specchio/riemergere un viso morto, come ascoltare un labbro chiuso. Scenderemo nel gorgo muti.”
In Solea, Fabio Montale, che ha dismesso già da un po’ i panni del poliziotto, nel momento esatto in cui riesce a intravedere, dopo tanto, tantissimo tempo, un pizzico di felicità, si ritrova, suo malgrado, coinvolto in qualcosa di troppo grande. Sentirà la sua vita e le sue (poche) certezze franargli sotto i piedi. Ma soprattutto sarà la paura di perdere chi ama a prendere il sopravvento, perché con la mafia non si scherza. La mafia non perdona. La mafia si nutre di morte e di sangue, senza pietà. Perché, come scrive Izzo nelle poche righe di prefazione, “l’orrore, nella realtà, supera di gran lunga ogni possibile finzione”, e la finzione nei suoi romanzi è dannatamente reale.
Izzo, ispirandosi a molti documenti e inchieste ufficiali (non mancano riferimenti all’Italia e a “Mani pulite”), ci racconta come lecito, illecito, politica e istituzioni siano ormai stratificati, fusi insieme, confusi e come le mafie siano un cancro presente in tutti gli ambiti delle economie mondiali.
Solea, come tutti i libri di Izzo, è avvincente, un piccolo universo, un mondo parallelo, in cui è affascinante perdersi, perché si resta ammaliati dalla scrittura, dalla passione, dall’enfasi, dalla profondità e dall’intelligenza di un autore di cui è impossibile non innamorarsi.
Il modo in cui Izzo riesce a raccontare lo schifo e la bellezza della vita è sorprendente. I suoi libri, in fin dei conti, sono lo specchio della realtà. Lo specchio di vite normali. Vite in balia del destino, che non si danno tregua e lottano, che giocano, che vincono e perdono, certe volte, nello stesso momento. Perché la vita dà e porta via. È incomprensibile e non possiamo far altro che viverla.
Jean-Claude Izzo purtroppo non c’è più, ma nei suoi libri ci ha lasciato tanto: cuore, umanità, intelligenza, speranza e sogni. E io mi chiedo cosa penserebbe e come descriverebbe questo presente alla deriva, fatto di apparenze, parole vuote e slogan, in cui tutti i valori in cui credeva sembrano dimenticati, sepolti sotto cumuli di ignoranza, arroganza e cattiveria.
"Vivevo troppo e da troppo tempo senza credere nella vita. Forse senza farci caso avevo ceduto alla tristezza? O a furia di credere che le piccole cose quotidiane bastino a dare la felicità, avevo rinunciato a tutti i miei sogni, i miei veri sogni? E al futuro? Non avevo nessun domani quando l'alba, come ora, nasceva."
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Su Loudd potete trovare anche le recensioni dei capitoli precedenti della “Trilogia marsigliese”:
Casino totale: https://www.loudd.it/recensione/casino-totale/jean-claude-izzo_6636
Chourmo: https://www.loudd.it/recensione/chourmo-il-cuore-di-marsiglia/jean-claude-izzo_6022