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REVIEWSLE RECENSIONI
19/02/2018
Fischerspooner
Sir
Sono finiti i tempi dell’electroclash? L’elettronica e il pop si sono evoluti ma Casey Spooner e Warren Fischer mica se ne sono accorti. “Sir” resta ancorato a modelli obsoleti pur risultando un prodotto senza infamia e senza lode.

È il 2018 e, a vent’anni di distanza dal loro album di esordio, la somma di Fischer + Spooner dà ancora, come risultato, lo stesso synth-pop “aumentato” che i più chiamano electroclash e che, in questo nuovo lavoro, fila troppo liscio senza alcuna interferenza stilistica.

C’è un aspetto positivo in “Sir”, il disco dei Fischerspooner appena pubblicato. A differenza dei generi limitrofi più blasonati - su tutti quello stile che si sono inventati gli ultimi Depeche Mode da quando hanno messo la chitarra in mano a Martin Gore - il duo fa a meno degli strumenti a sei corde e della batteria acustica e riesce a tratti nell’intento di riprodurre la stessa grinta con cui la band orfana di Alan Wilder suona il suo pop-rock elettronico. L’approccio, certe melodie, le strutture dei brani, rientrano in quella formula che della versione elettrica del rock è la copia sintetica, comunque sempre avvincente ma che non è scontato che funzioni ancora, a tutti questi anni di distanza dagli archetipi più noti. Ci vogliono idee, produzioni efficaci, suoni adatti ai tempi e una spruzzata di featuring a valorizzare le singoli canzoni.


“Sir” è in parte un po’ tutto questo ma, per essere il disco del ritorno sulla scena del duo newyorkese, risulta un rientro sotto tono e - come dice il titolo - un disco dichiaratamente per un pubblico di soli uomini. Mista, invece, la presenza di ospiti. Scorrendo la tracklist, tra i credits dell’album non passano inosservati Boots, collaboratore di Beyoncé and Run the Jewels, la cantautrice Holly Miranda e soprattutto un certo Michael Stipe come produttore, nella sua prima uscita pubblica nell’industria musicale dallo scioglimento dei R.E.M.
Casey Spooner e Warren Fischer ci offrono così una versione solo parzialmente rimodernata del loro modo di fare canzoni in elettronica. Un sottogenere senza pretese, dal ciclo di vita breve ma - come da tradizione - di piacevole ascolto. Un disco molto facile del quale, in futuro, ci resterà solo una reminiscenza di qualche momento sereno trascorso a muovere la testa su e giù a seguire una cassa in quattro, uno stop and go, un bpm congeniale con il nostro incedere nella vita quotidiana.


Non troverete in “Sir” colpi di scena folgoranti, nemmeno nei singoli pubblicati dall’agosto scorso ad oggi, ovvero "Have Fun Tonight", "Butterscotch Goddam" e il più recente "TopBrazil", corredato con un video che è un’orgia di sensualità, se non un’orgia tout court.


Provate però a immaginare “Stranger strange” o “Everything Is Just Alright” o, meglio, l’electro blues di “Strut” con un timbro vocale più autorevole e provocante, per esempio quello di Dave Gahan, sicuramente il risultato sarebbe stato di gran lunga più efficace. Molto meglio invece, perché molto più moderne dal punto di vista del sound, le due tracce in cui fanno capolino voci femminili: “Togetherness”, che ospita la vocalist dei Chairlift Caroline Polachek, e “Oh Rio”. Nel complesso “Sir” è un disco così così, realizzato da un progetto che in passato ha pubblicato musica altamente innovativa ma che, oggi, risulta troppo legato a un genere che necessita di una revisione perché oramai ampiamente superato.