Ritorna in pista questo sghembo supergruppo di amici di sbevazzate alcoliche d’ underground. C’è il leader designato John Petkovic (già con Cobra Verde e Guided By Voices), il basso stoner di Dave Sweetapple (Eerie, Witch). E non manca certo J. Mascis, alle percussioni ma non solo, il cui occasionale chunk-chunk-cunk distorto e cavernicolo sarà ormai di routine, ma è uno dei pochi sound grunge che invecchia niente male, soprattutto quando è inserito in una band che si crede gli Slade dei bassifondi hard indie, vedi She Wants To Run. C’è di nuovo anche Mark Lanegan, dopo la comparsata nel precedente The Golden Age Of Glitter, che evidentemente si diverte a rivestire di “pop depression” al bourbon certi riverberi bubblegum e sconquassati da Ramones di Seattle in cui gli S.A. eccellono. Abbastanza strambo e ironicamente adolescenziale da passare l’esame di autenticità; e grazie a Dio, nessuna presunzione e nessun barbone filosofico alla Borja Valero può far pensare a quell’intellettualismo hipster che è già reliquia dal 2015, basta il riffone di Summer's Gone a togliere ogni dubbio. E lo zucchero che sta in A Girl And A Gun si trasforma subito nel caramello denso che cola dalle labbra dell’ennesima sguadrina che si fuma una sigaretta all’alba, dopo l’ultimo cliente. Un parkour con ferite scoperete sul cemento, tra hardcore cittadino per periferie grige, stordimenti da maria prontamente nascosta nel cruscotto, jeans rattoppati 104 volte ed ancora strappati. Menzione per l’ammiccante copertina, fosse in 3D sarebbe ancor meglio.
Quella degli Sweet Apple, partita come una rimpatriata di reduci senza poi troppo pretendere, comincia ad assumere i contorni di una scanzonata epopea da fumarsi “on the road”, ben più profonda e nascostamente decadente rispetto al piglio college punk degli esordi.