Cerca

logo
TRACKSSOUNDIAMOLE ANCORA
Silent Witness
Overhead
2002  (Naive)
ALTERNATIVE
all TRACKS
14/09/2017
Overhead
Silent Witness
Scaletta senza fillers, arrangiamenti complessi ma misurati, atmosfere soffuse e di grande pathos e l'idea dominante che il pop, il rock e il jazz possano proficuamente convivere con reciproca soddisfazione sotto l’egida “musica d’autore”

Gli Overhead arrivano dalla Francia, non fanno elettronica (che sembra il marchio di fabbrica di quasi tutta la musica d'Oltralpe), sono un terzetto (no power rock, però), cantano in inglese e sono capitanati da Nicolas Leroux, compositore di tutte le canzoni del disco e cantante dall'ottima estensione. La formazione originale, quella di Silent Witness, opera prima datata 2002, prevede anche Christophe Demaret (Batteria) e Jean-Claude Kebaili (chitarra), poi sostituiti nel corso degli anni per scarsa affinità musicale con Leroux, indiscusso padre-padrone del progetto. Silent Witness è un piccolo gioiello, un'opera misconosciuta, certo, ma patrimonio di quel sottobosco musicale dove spesso si celano autentiche opere d'arte, che farebbero la felicità di molti se solo avessero la voglia e il tempo di andarle a cercare. Scaletta senza fillers, arrangiamenti complessi ma misurati, atmosfere soffuse e di grande pathos e l'idea dominante che il pop, il rock e il jazz possano proficuamente convivere con reciproca soddisfazione sotto l’egida “musica d’autore”. Ed è proprio questa la particolarità di un disco capace sia di indugiare sulle corde della malinconia (Melodrame, Innerself) che di spingere su un'istintualità più marcatamente elettrica, in cui la chitarra diviene assoluta protagonista (Air, Monkeys For The People). Il paragone con la musica di Jeff Buckley è dietro l’angolo, ma quella tensione viene qui filtrata attraverso la sensibilità di chi conosce certe atmosfere notturne contigue al jazz. Silent Witness è un disco che esce dall'ordinario e le cui alchimie, per quanto (e proprio per questo) non assimilabili al primo ascolto, conducono la forma canzone lontano da quell'abitudine sonora a cui troppo spesso veniamo assuefatti senza alcun spirito critico. Fiore all’occhiello di un album pressoché perfetto è la bellissima Innerself.