A parte il veleno sputato dalle medesime Bambole sulla sua produzione dell’album di esordio delle New York Dolls, e le risatine stupide di certa stampa (pur se musicalmente) specializzata a proposito della reale paternità di Liv (Tyler e non Rundgren, appunto), la mia conoscenza di Todd Rundgren era nulla.
Nulla sino a quelle scarne colonne erudite del Melody Maker lette mentre ero al tavolo di un ristorante (di cui non ricordo nulla) sulla Avenue of Americas verso la bella stagione del 1993 e la sera mite rendeva Manhattan deliziosa.
Quando, dopo la cena, uscii dal locale, andai a comprarmi (esisteva ancora Crazy Eddie, direi) una sua antologia doppia; nei giorni successivi feci il resto, nel senso che oltre ai CD di una mezza dozzina di titoli acquistai anche le versioni in vinile di due album, perché mi pareva necessario soppesare il prodotto originale.
Todd Rundgren è un genio: dopo Phil Spector e poi Brian Wilson (circa epoca in cui creava e registrava Smile), prima di Prince. Auspico la sintesi sia chiara.
Lo dichiaro anche se non condivido la sua passione per The Beatles, ma questa ormai è mia prerogativa (il non apprezzare la band più amata del mondo): se ritenete che la prova delle cover possa essere decisiva per un artista, allora vi rimando a Faithful.
Solo un fuoriclasse può coniugare melodia e rock con un risultato mai indulgente e mai muscolare.
Trattandosi, ancora e per sempre, di artista (termine riduttivo: autore, interprete, produttore artistico) di culto, posso solamente rammentare che anche i tre album con i Nazz che precedono la sua carriera da solista valgono la pena (infatti, una loro canzone è presente in Nuggets[1]).
Poi ci sarebbe la produzione con gli Utopia (nella mia visione risulta sufficiente un “best of”, ma potrei sbagliarmi).
Il problema sta nell’ipotizzare di effettuare una scelta fra tutto quanto porta il suo nome.
Dal 2011 sono in corso ristampe ragionate (il che vi permette, anche, di non cercare la rara versione in vinile su etichetta Ampex di Runt – attenzione ai titoli esatti dei suoi dischi – che nella migliore delle ipotesi vi lascerebbe con cento Euro in meno nelle tasche) in formato CD; quindi fate attenzione a cosa comprate.
Dato per scontato che meno della doppia antologia non ha senso acquistare per poter gustare qualche scheggia del suo repertorio più che quarantennale, con l’avvertenza di una notevole contagiosità, potete partire – dopo l’inevitabile e presto ridondante predetta Anthology – con i tre seguenti: Something/Anything (doppio anche nel formato CD), A Whizard, A True Star (non è un titolo immeritato) e Todd.
Todd Rundgren rientra nella cerchia – ridottissima nella consistenza (una dozzina?) – di figure della musica contemporanea che si stagliano con tale nettezza per cui la loro grandezza trascende l’epoca, esclude una catalogazione, nemmeno fa rimpiangere la tardività della sua scoperta da parte dell’ascoltatore.
Anzi: per assurdo ci si può quasi compiacere della propria inescusabile distrazione perché essa sarà in breve rimediata.
Ma cosa state aspettando?
[1] Uno degli album di “artisti vari” fondamentali per chi cerchi, appunto, le basi non solo del punk: dubito che The Jesus and the Mary Chain non conoscano a memoria molte delle canzoni contenute in questo doppio vinile ormai da anni divenuto un quadruplo CD.