C’è un dato interessante su Luca Milani, detto Qualunque, che vale la pena sottolineare ogni volta che ci si occupa di lui: non solo è ancora in giro dopo quasi dieci anni dalla pubblicazione delle sue primissime cose (quel Più simili ad Hannibal Lecter che a Gesù Cristo di cui peraltro il suo autore pare oggi non ricordarsi più) ma ha vissuto un crescendo qualitativo decisamente esponenziale, che ne ha portato la scrittura ad un livello di maturazione normalmente difficile da riscontrare in artisti che si cimentano con lo stesso genere.
Shonen Vol.2 inizialmente non avrebbe dovuto esserci, l’idea era quella di pubblicare in altra forma le canzoni rimaste fuori dalle session del primo volume. Poi però si è notato che i brani erano più di una manciata, che la qualità era troppo alta perché venissero relegati al ruolo di oscure outtake, e si è deciso di far uscire un vero e proprio nuovo disco.
In effetti c’è sì qualche elemento di continuità col precedente, ma anche tanto di nuovo. La struttura generale innanzitutto: se Shonen era essenzialmente un lavoro denso di featuring, dove Luca si confrontava con artisti dal differente background (diversi da lui e diversi tra loro), questo secondo volume lo vede suonare e cantare in totale solitudine. Di riflesso, c’è il tema degli arrangiamenti e della produzione: laddove prima si era lavorato con nomi diversi dietro la consolle, per una serie di brani molto eterogenei, ognuno di loro appartenente ad un genere diverso, influenzato anche dall’ospite coinvolto, qui c’è una maggiore coesione, anche grazie al lavoro di Francesco Lima, che aveva già partecipato parzialmente alla creazione del predecessore, e con cui è nato un sodalizio talmente profondo da desiderare di fare un disco intero assieme.
Le canzoni del secondo volume prevalentemente acustiche, più scarne come mezzi impiegati, mettono così al centro la voce di Luca, sempre molto a suo agio, intensa e sincera a livello interpretativo e permettono di valorizzare al meglio il processo di scrittura.
In questi anni di strada ne ha fatta, il livello spesso acerbo delle prime composizioni ha gradualmente lasciato il posto a canzoni più centrate e definite, che pur muovendosi sempre in ambito It Pop (alla fin fine di quello si tratta) denotano una maggiore maturità e consapevolezza. C’è la comunicazione delle propria fragilità, la paura di affrontare il reale in tutta la sua inesorabile drammaticità, ma allo stesso tempo la soddisfazione per quello che si è, una libertà di cantare di depressione e attacchi di panico che c’era anche in passato ma che adesso pare andare di pari passo con una sorta di conquistata serenità. Lo shonen come metafora della vita c’è ancora, così come ci sono le citazioni di manga e anime (su tutti Dragonball e L’attacco dei giganti), riferimenti culturali non ancora abusati in ambito musicale come accade invece con film e serie tv, e che per Qualunque costituiscono non solo vera e propria cifra stilistica, ma anche uno dei tratti principali che ne definisce la personalità.
Va benissimo Gazzelle, ma non è l’unico in giro a saper scrivere canzoni.