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MAKING MOVIESAL CINEMA
Shiva baby
Emma Seligman
2020  (Prime Video)
COMMEDIA
7,5/10
all MAKING MOVIES
02/03/2022
Emma Seligman
Shiva baby
Nato dall'elaborazione di un cortometraggio che la Seligman, classe 1995 e radici ben piantate nella cultura ebraica della famiglia d'origine, realizzò come tesi di laurea alla Tisch School of the Arts, Shiva baby contiene alcuni elementi che stanno molto a cuore alla regista: una protagonista bisessuale descritta con grande naturalezza, le relazioni di potere derivanti dai rapporti sessuali e una divertentissima rappresentazione della cultura ebraica.

Il lungo corso della pandemia e il concomitante e sempre crescente successo delle varie piattaforme streaming, pur essendo stato un duro colpo per esercenti e per il classico iter di fruizione dei film nelle sale cinematografiche, ha forse aperto le porte a una maggiore visibilità per prodotti altrimenti destinati a rimanere sconosciuti o a circolare nella sola nicchia dei circuiti festivalieri; tra questi film distribuiti direttamente online, magari previo passaggio breve in sala o appunto in qualche Festival per i prodotti più fortunati, ci sono diverse opere dirette da mano femminile, molte di queste parecchio interessanti, penso ad esempio a The cloud in her room della cinese Zheng Lu Xinyuan, al First cow di Kelly Reichardt per esempio e anche a questa deliziosa commedia diretta dalla canadese Emma Seligman, classe 1995 e radici ben piantate nella cultura ebraica della famiglia d'origine. Nato dall'elaborazione di un cortometraggio che la Seligman realizzò come tesi di laurea alla Tisch School of the Arts dell'università di New York, Shiva baby contiene alcuni elementi che come dichiarato dalla stessa Seligman stanno molto a cuore alla regista: in prima istanza la presenza di una protagonista bisessuale descritta con grande naturalezza in un film dove l'accento non cade in maniera preponderante sugli orientamenti sessuali del personaggio; si esplorano inoltre le relazioni di potere derivanti dai rapporti sessuali, il titolo fa riferimento infatti al fenomeno delle sugar babies, giovani studentesse che per denaro intrattengono rapporti con un uomo solitamente più maturo e più benestante di loro, fenomeno diffuso negli U.S.A. anche a causa della difficoltà di molti studenti nel ripagare i debiti universitari o anche solo per garantirsi una disponibilità economica ed essere così indipendenti. Tutto ciò ovviamente affogato in una divertentissima rappresentazione della cultura ebraica che ha valso alla giovane regista accostamenti, a parere di chi scrive poco pertinenti, con il cinema di Woody Allen.

 

Danielle (Rachel Sennott), dopo aver consumato un rapporto con il suo sugar daddy Max (Danny Deferrari), si ricongiunge in fretta ai suoi genitori per partecipare a uno shiva, più precisamente al banchetto che segue la funzione del funerale (in realtà lo shiva è un periodo di lutto che dura sette giorni). Il padre e la madre tengono molto alle tradizioni, Danielle ha partecipato a numerosi di questi eventi, in questo caso la ragazza a malapena è a conoscenza di chi sia il morto, il rinfresco sarà così l'occasione per incontrare parenti e vecchi conoscenti, per Danielle sarà più che altro una tortura durante la quale dovrà ripetutamente giustificarsi perché non ha un ragazzo, perché non mangia abbastanza, perché ancora non si è iscritta all'università e non ha un lavoro serio, a differenza della sua ex ragazza Maya (Molly Gordon) caparbiamente lanciata verso il mondo dell'età adulta. Tra scuse varie e piccole bugie Danielle ne approfitta per spizzicare qualcosa e battibeccare con Maya finché alla celebrazione si presenta proprio Max, vecchio conoscente di Joel (Fred Melamed) e Debbie (Polly Draper), i genitori di Danielle i quali insisteranno per presentare Max alla figlia dando il via a una serie di incontri imbarazzanti, ma le sorprese non finiranno qui.

 

Girato per esigenze di budget in un'unica location, fatto salvo per la scena iniziale, Shiva baby ha il piglio di una commedia in salsa ebraica dal forte sapore claustrofobico; la casa in cui si tiene il rinfresco funebre, affollatissima, diventa via via sempre più una prigione in cui le situazioni imbarazzanti e di disagio per Danielle si affastellano una sull'altra. Man mano che il film procede, al lato divertente si unisce anche un senso di oppressione e di angoscia che la Seligman dosa in maniera brillante, l'istinto di Danielle sarebbe quello di fuggire, per lo spettatore la sensazione che cresce minuto dopo minuto è quella della detonazione imminente, con il passare dei minuti ci si aspetta che qualcuno dica o faccia la cosa sbagliata e che la situazione esploda definitivamente. Nel creare questa tensione all'interno di una commedia la giovane regista è molto brava a gestire gli spazi, a stare tantissimo sugli interni, a seguire Danielle con primi piani plurimi, a cadenzare i dialoghi e gli scambi di battute con il giusto ritmo, sorretta da un cast di ottimo livello dove oltre alla brava protagonista si distinguono Fred Melamed (per rimanere in campo ebraico A serious man e tanto, tanto Woody Allen) e Polly Draper, i genitori di Danielle. I temi inseriti dalla Seligman nella sua opera non oscurano la vicenda che prima di tutto rimane una fresca e veloce commedia ebraica, ottima prova per una regista esordiente sicuramente da tenere d'occhio per il prossimo futuro.