Talvolta, per ricordare l’importanza della parola e l’attenta cura del particolare si pensa che non ci sia persona migliore di una donna: viene alla mente al cosiddetto “istinto della madre”, che chi legge avrà potuto provare come figlio/a o come genitore, fatto di attenzione e osservazione, delicatezza, ma anche di coraggio, come quello necessario a compiere gesti d’amore estremo come l’immolarsi per salvare il figlio da una situazione pericolosa.
Il romanticismo di gesti naturali come questi, si fonde nel nostro caso con il tema romantico delle parole, visto che Marianne Faithfull, con questo She Walks In Beauty, recita Shelley, Byron e Keats, ridando vita a parole e poemi di cui non tutti ricordano la bellezza ma che qui si coglie l’occasione di ammirare nuovamente.
Marianne Faithfull è una donna che verrebbe da definire quasi polivalente: nella sua vita si è vista passare dalla giovane pienezza degli anni Sessanta al matrimonio con Mick Jagger, dalla sperimentazione dell’arte in ogni direzione plausibile al divorzio e al buio della tossicodipendenza, fino a ritrovare con le sue sole forze una luce multicolore nel cinema e di nuovo nella musica, arricchendosi negli anni di collaborazioni perfettamente aderenti al suo animo e divenendo un’identità artistica ben precisa e di riferimento.
La sua ricchezza espressiva, data dalle molteplici esperienze, ha reso il suo timbro qualcosa di più di una semplice voce: è un viaggio, un mezzo a nostra disposizione per ripercorrere assieme a lei un percorso perfettamente tracciato, dal quale si possa vedere tutti i passi che l’hanno portata sino ad oggi, in cui ha ormai superato i settant’anni.
Una simile voce e un simile viaggio non poteva che essere completato da Warren Ellis, multistrumentista celebre per il suo lavoro con Bad Seeds di Nick Cave, il quale ha provveduto a fornire all’album una perfetta tessitura sonora. Un artista che è in grado di far percepire all’ascoltatore il suo rispetto per il significato delle parole che lo accompagnano, posizionando le giuste note nei momenti di respiro e aiutando chi ascolta ad entrare in un mondo di lettere e vita, parole e inflessioni da cui si intuisce il passato e si ritrova nel presente il senso delle parole di poeti già vissuti ma non per questo morti.
Questo fa Warren Ellis, e ce lo immaginiamo vestito elegante a fare gli onori di casa mentre ci accompagna in queste stanze, in cui rimaniamo in perenne attesa di conoscere la signora, per vedere da dove arrivino queste parole. Tutto il lavoro sui suoni e le atmosfere, inoltre, Warren Ellis lo fa coadiuvato proprio da Nick Cave e Brian Eno: un trittico di personaggi i cui nomi creano un suono soltanto al pensarli.
Ascoltando She Walks In Beauty succede che si venga catapultati in una sorta di risposta britannica e di sensibilità femminile in stile American Recordings di Johnny Cash. Arrivati alla fine del disco ci si inventa, aiutati dal paesaggio riflessivo in copertina, un terzo immaginario che non esisteva: un luogo di cui siamo artefici noi stessi e di cui non possiamo che beneficiare, in quanto autori ed esempi di un esperimento sonoro e lirico perfettamente riuscito, anche solo nel prenderti per mano e farti comminare secondo il suo tempo e i suoi modi, immergendoti nella sua atmosfera.
“Was it a vision, or a waking dream?” - “Forlorn! The very word is like a bell”
(“Ode to a Nightingale” - J. Keats)