«Ero un grande fan del lavoro di Chano Pozo con Dizzy Gillespie alla fine degli anni Quaranta. Dizzy ha portato la musica afro-cubana nel jazz, e nel mio piccolo sto cercando di farlo ora introducendola nel rock, nello stesso modo in cui i Cream hanno mescolato il blues nel rock».
(Estratto da intervista su Bass Player, numero di Settembre 2001)
Imperturbabile e imprevedibile, Jack Bruce agli inizi di questo secolo è alla ricerca di nuove direzioni e progetta un lavoro che lo porti verso un repertorio più latineggiante e jazz oriented. Dopo i fasti di fine anni Sessanta con la psichedelia dei Cream, il rock blues vigoroso della decade successiva, ricca di collaborazioni prestigiose, il parziale oblio dei famigerati eighties e il ritorno, a metà Novanta con l’amato/odiato Ginger Baker nel trio BBM insieme a Gary Moore, eccoci così alle sorprendenti contaminazioni di Shadows in the Air.
«Kip e io siamo arrivati in studio con alcuni demo, che abbiamo fatto ascoltare alla band principale, composta da Milton Cardona e Richie Flores alle percussioni, Robby Ameen e Horacio Hernandez alla batteria con l’aggiunta, per qualche canzone, di Vernon Reid alla chitarra. Il resto del materiale l'abbiamo ricavato dai loro input, suggerimenti e improvvisazioni. Mi ha sorpreso che molti di loro conoscessero la mia musica, fino agli album da solista».
(Estratto da intervista su Bass Player, numero di Settembre 2001)
L’album, coprodotto con l’estroso Kip Hanrahan, è un ibrido di qualità. In tracklist figurano quindici brani, nove composti per l’occasione uniti a sei curiose rivisitazioni. Si va dal periodo del supergruppo con Clapton (“Sunshine of You Love” e “White Room”), allo straordinario esordio solista Songs for a Taylor (“Boston Ball Game 1967”, “He the Richmond”) lambendo quel gioiellino di “Out into the Fields”, proveniente dalla collaborazione con West & Laing, per arrivare all’ammaliante “Dancing on Air”, un instant classic tratto da I’ve Always Wanted to Do This (1980) che avrebbe meritato ben altre fortune.
Sono comunque le tracce inedite a mettere maggiormente in luce le diverse influenze assorbite e le varie passioni artistiche che hanno coinvolto Jack: il classic rock prende a braccetto il latin pop e si immerge in quelle atmosfere jazzy e bluesy che l’hanno visto crescere musicalmente alla corte di Alexis Korner.
Un’altra scelta azzeccata sono gli ospiti, perfettamente pertinenti al materiale suonato. Proprio Slowhand è ospite nei pezzi già citati dei Cream, e lo stesso Moore presta la sua chitarra con lirismo emotivo e note ben piazzate in “Heart Quake” e “Dark Heart”. Il funambolico Dr. John si alterna invece al piano e all’organo nelle coinvolgenti “This Anger’s a Liar” e “Windowless Room”. Ma non è finita qui. Lo storico chitarrista dei Living Colour, l’istrionico Vernon Reid aggiunge i suoi “licks” vibranti in ben cinque canzoni fra cui una spiritata “52nd Street”, ove si distingue anche il re delle percussioni Changuito Luis Quintana, le cui congas e timbales rivestono di ritmi afrocubani le precedentemente menzionate “Sunshine of You Love” e “White Room”.
“Shouldn't we have forgotten each others' names?
Knowing each other by the way we touch
Shouldn't we have lost names by now?
And know each other by the way we breathe”
("Directions Home")
“Directions Home”, memorabile ballata melodica, rappresenta certamente una delle vette dell’opera. Il violinista Alfredo Triff serve un gustoso motivo ostinato in una composizione struggente, dedicata da Bruce ai suoi ex compagni di “vita”, l'organista Larry Young e il batterista Tony Williams. Un altro brano top, scritto a quattro mani con Hanrahan, è “Milonga”, il nome di una danza popolare argentina -uruguaiana che non è così conosciuta come il tango. Il pezzo si rifà a quel genere musicale, con lo scozzese al canto, al piano e al basso. Le rimanenti “Mr. Flesh” e “Surge” fungono da veicolo perfetto per evidenziare la sua voce soul: un timbro caldo carico di espressività per un artista folgorato a inizio carriera dalle gesta di Marvin Gaye e Richie Havens.
“Dark eyes
Stripped clear
Broken glass on the table
Shadows in the air
Shadows in the air
You need me for it”
("Dark Heart")
Shadows in the Air rimane tra gli highlights di uno dei più venerati artigiani della musica. Jack Bruce è stato un eccezionale songwriter e un fenomenale performer. Le sue innovazioni nel campo del basso, prima con il Fender VI e poi con il Gibson EB-3, hanno rappresentato una pietra miliare nello sviluppo dello strumento. Sono già trascorsi dieci anni dalla sua scomparsa, tuttavia la sua musica non ha perso un briciolo della propria magia e potere. Ascoltare i suoi dischi è un po’ come fermare il tempo, la sua storia artistica un esempio di talento e dedizione. Immortale.
«Il contributo dato da Jack Bruce alla musica rock è qualcosa di inestimabile. Le sue linee di basso, la sua voce e le capacità compositive mi hanno influenzato profondamente».
(Flea, Red Hot Chili Peppers)