Holly Laessig e Jess Wolfe, al secolo meglio conosciute come Lucius, sono un duo pop poco conosciuto dalle nostre parti, nonostante siano attive da oltre quindici anni, siamo portate in palmo di mano dalla stampa americana e abbiano collaborato con un’infinità di artisti del calibro di tra cui Roger Waters, Jeff Tweedy, Jackson Browne, John Legend, Mavis Staples, John Prine, Sheryl Crow, Grace Potter, The War on Drugs, Brandi Carlile e Lukas Nelson, solo per citarne alcuni.
Con il loro nuovo album, il quarto se si considera anche l’esordio autoprodotto, le due ragazze rilasciano un delizioso affresco pop, un inno vitalistico con cui spazzano via l’angoscia e l’afflizione dei due anni appena trascorsi, e le pressioni, personali e universali, dovute alla pandemia, al lockdown, alla solitudine, alla perdita di speranza, ai drammi di una società che la politica non ha saputo o non ha voluto mitigare o risolvere.
Second Nature è una ventata di freschezza, una boccata d’aria pulita di quelle di cui si sente il bisogno, quando per troppo tempo si è stati al chiuso, a rimuginare sulle proprie disgrazie e sul proprio malessere interiore. Prodotto da Dave Coob (lontano, nello specifico, dai suoi consueti territori) e da Brandi Carlile (da sempre amica delle due ragazze), i disco racchiude dieci deliziose canzoni mainstream, che abbracciano un adult pop elegante e ricco di soluzioni intelligenti, aprendosi, con piglio divertito, a momenti funky e disco, che spingono ad abbandonare il divano delle lacrime e a saltare in pista, per riapprezzare la leggerezza del divertimento.
Si parte così con la title track, posta a inizio di scaletta, che conquista immediatamente con un’irresistibile groove funky, il calibro preciso, ma non invadente, di una sezione ritmica raffinatissima, e quelle due voci che si compenetrano alla perfezione, dando l’esatta misura di quanto la Leassing e la Wolfe siano una rodatissima macchina melodica. La voglia di ballare, diventa addirittura irresistibile con la successiva "Next To Normal", un gioiello dance, in cui sono gli arrangiamenti (una chitarra distorta, il tocco vagamente psichedelico, i coretti acchiapponi) a fare la differenza. Voglia di vivere, di superare le difficoltà della vita attraverso il ballo, il movimento contrapposto a due anni di assoluta staticità. Questo tema, che permea tutte le dieci canzoni in scaletta, è sviscerato nella decisiva "Dance Around It" (che vede anche il contributo di Sheryl Crow e Brandi Carlile), il nocciolo musicale di Second Nature, un brano danzereccio e pimpante, trainato dalle consuete melodie vocali e da una ritmica che ammicca agli anni ’80.
Le Lucius, però, hanno molte frecce al loro arco, e se il dancefloor è il posto privilegiato per togliersi la polvere di dosso e tornare a sorridere, la brillantezza della loro scrittura convince anche nelle angeliche trame vocali di "24", un gioiello di armonia e sentimento che rimanda alle grandi ballate degli anni ’80, così come la successiva "Heartbursts", che da quel decennio ruba massicce dose di ottimismo, riversato tutto nello splendido verso: "Better give your heart than never give at all”.
Non c’è una canzone, tra tutte, che non suoni come una possibile hit, sia quando le Lucius si fanno più riflessive, parlando di pene d’amore, come nell’intensa "The Man I’ll Never Find", o quando, per converso, spingono nuovamente in pista con il beat di "LSD" (nessuna droga, solo l’acronimo di Love So Deep), per inneggiare alle gioie dell’amore. Il disco si chiude con una ballata struggente, "White Lies", in cui le atmosfere avvolgenti vivono su un tappeto sonoro minimal e sulla forza espressiva di due voci, il cui connubio ha del miracoloso.
E’ difficile concludere l’ascolto di Second Nature senza aver voglia di ricominciare tutto da capo: troppo forte l’approccio vitale, troppo intense le melodie, troppo ben calibrata l’amalgama tra strumenti e voci. Un disco, questo, orgogliosamente mainstream, aggettivo troppo spesso usato in senso negativo, e che qui, invece, assume il significato di una musica che ha la forza trasversale di raggiungere il più ampio spettro di ascoltatori, quelli che non pretendono altro che momenti di cantabile leggerezza, e quelli che, invece, comprendono quanto talento nascondono queste canzoni, solo all’apparenza, mordi e fuggi.