Dopo venticinque anni di carriera e dieci dischi in studio, Kelly Jones può guardarsi alle spalle con una certa soddisfazione. Tra alti e bassi, infatti, la sua creatura è riuscita ad attraversare un quarto di secolo, non solo mantenendosi in buona salute, ma anche riuscendo a mantenere immediatamente riconoscibile un suono, pur aggiornandone l’estetica in base ai gusti del pubblico. Non tutto è andato sempre per il verso giusto: quell’infuso di brit pop e rock chitarristico di derivazione americana, così credibile e catchy ai tempi di Performance and Cocktails (1999) e, perché no, di Just Enough Education To Perform (2001), incontrò qualche calo di ispirazione (e di vendite) a metà del decennio scorso. Poi, le cose, a partire da Graffiti On The Train (2013) hanno ricominciato a girare al meglio, tanto che il penultimo Keep The Village Alive (2015) aveva letteralmente sbancato la Uk Album Chart. Questo nuovo Scream Above The Sounds si allinea ai precedenti lavori, testimoniando il buon stato di forma di una band, che suona decisamente più pop che rock, ma che, in tutta evidenza, riesce a sfornare canzoni di buon livello qualitativo. Non tutte, certo, risultano degne di nota. Caught By The Wind e Taken A Trouble, l’uno-due che apre il disco, ad esempio, possiedono un suono moderno e uno straordinario appeal radiofonico, ma perdono quel retrogusto anni ’90 che da sempre caratterizza la penna di Jones e sono appesantite da arrangiamenti un po’ troppo ovvi per riuscire ad emozionarci. La successiva What’s All The Fuss About?, però, alza immediatamente il livello del disco: una ballata alla Radiohead, inquieta e malinconica, che si dissolve, tra un assolo di tromba e arpeggi di chitarra acustica, in una emozionata coda strumentale. Notevole è anche il primo singolo tratto dal disco, All In One Night, ballata ruffiana ma uncinante, in cui l’intuizione vocale di Jones (gli oh-oh del ritornello) potrebbe diventare un autentico tormentone da stadio da cantare tutti insieme a fine concerto. Tengono botta, però, anche il beat e il riff muscolare di Chances Are, il delicato lento per pianoforte e voce intitolato Before Anyone Knew Our Name, dedicato a Stuart Cable batterista della band scomparso nel 2010 (“I miss you, man”, canta commosso Jones) e, soprattutto, Would You Believe?, ciondolante pop soul il cui ordito melodico è strutturato su un’armonia vocale mandata in loop. Chiudono l’acustica Boy On A Bike e il rock speziato al country di Elevators, due brani che portano il baricentro della narrazione negli States. Missione compiuta per Kelly Jones, dunque, che sforna l’ennesimo buon disco di pop rock radiofonico, che non cambierà la vita a nessuno, ma che ascoltare è decisamente piacevole, anche per chi non è un fan degli Stereophonics.