La storia di John Paul Larkin, in arte Scatman John, sembra il frutto della fantasia di uno scrittore, la trama di un romanzo o la sceneggiatura di un film, uno di quei racconti di riscatto e redenzione che riempiono il cuore di emozione e di buoni sentimenti, lasciando a bocca aperta per lo sviluppo imprevedibile di un’esistenza che sembrava destinata al fallimento.
Larkin nacque il 13 marzo del 1942 a El Monte, in California, e appena ebbe il dono della parola, era chiaro che il destino di quel bambino fosse irrimediabilmente segnato: una grave forma di balbuzie gli impediva un eloquio normale, causandogli profondi traumi emotivi. Ciò nonostante, il piccolo John continuava a coltivare la sua grande passione per la musica, iniziò a suonare il pianoforte, e prese una sbandata per la musica jazz, collezionando dischi di Ella Fitzgerald e Louis Armastrong. Voleva diventare un musicista, voleva avere successo con la musica. Questo, era il suo sogno, lo scopo della sua vita.
Negli anni ’70 e ’80 iniziò a suonare come pianista in diversi club di Los Angeles e nel 1986 pubblicò il suo primo album solista, che, però, fu un clamoroso flop commerciale. Già traumatizzato per la grave forma di balbuzie, John non riuscì a metabolizzare l’insuccesso artistico e iniziò ad abusare di droga e alcol.
Fu la morte dell’amico e collega, Joe Farrell, a dargli la scossa decisiva per cambiare vita. Smise con gli eccessi, si trasferì a Berlino e ricominciò a suonare dove gli capitava, dalle navi da crociera ai localini jazz, dai bar ai club, attraversando la Germania da nord a sud, da est a ovest. E poiché iniziò a percepire che il suo lavoro veniva apprezzato, spinto dal desiderio di migliorarsi sempre più, ebbe una folgorante intuizione, e decise un azzardo, all’apparenza folle.
John voleva cantare, ma la balbuzie glielo impediva, però conosceva a menadito lo scat, un particolare modo di approccio al canto, utilizzato nella musica jazz, in cui la voce imita gli strumenti musicali, tramite la riproduzione di fraseggi simili a quelli strumentali, avvalendosi di un'infinita varietà di suoni svincolati da linguaggi convenzionali. Niente parole, dunque, ma semplici fonemi dal suono accattivante, usati sia in chiave ritmica che melodica. Perché allora non provarci? Perché non tentare la forma espressiva dello scat come veicolo per dare sfogo a tutte quelle parole che, inesauste, si affastellavano sulla sua lingua, senza la possibilità di vedere la luce?
L’intuizione ebbe successo, il pubblico era entusiasta, e la carriera di Larkin, pur non avendo echi fuori dai confini teutonici, iniziava a prendere una piega inaspettatamente positiva. Fu l’agente di John, Manfred Zahringer, a capire, prima di tutti, che la gloria era a portata di mano, e che bastava davvero poco perché quel talentuoso musicista potesse trasformare un ingombrante difetto fisico in un trampolino di lancio verso le classifiche di tutto il mondo.
Nasce così la figura artistica di Scatman John, un musicista balbuziente capace di fondere lo stile scat con la dance music e l’hip hop, e di diventare un fenomeno di caratura mondiale e una macchina da soldi come poche nella storia.
Bastò una sola canzone, Scatman (Ski Ba Bop Ba Dop Bop), perché i sogni di John divenissero realtà, una canzone allegra e ballabile, che veicolava un messaggio positivo per tutti quei bambini che come Scatman erano affetti di balbuzie, una canzone che invitava i piccoli disabili a non avere paura a vivere la propria vita e a relazionarsi con gli altri.
Fu così che a 53 anni, Larkin ebbe una hit in tutte le classifiche del mondo, vendendo la bellezza di sei milioni di copie (e tre milioni di copie del suo album Scatman’s World), antipasto di una carriera che, dal 1995 fino alla morte, fruttò al musicista cinquantadue milioni di dischi e ventun milioni di singoli venduti, oltre a quattordici dischi d’oro e diciotto di platino.
Il fato, però, era in agguato, e la storia a lieto fine di di Scatman John, durò il tempo di un battito di ciglia. Sul finire del 1998, gli venne, infatti, diagnosticato un cancro ai polmoni dagli effetti esiziali. John ebbe il tempo di rilasciare un terzo disco, Take Your Time (1999), e un anno dopo, il 3 dicembre del 1999, morì a Los Angeles, dopo una lunga agonia. Poco prima di lasciare questa terra, a un giornalista che gli chiedeva con che spirito affrontasse la malattia, John rispose: “Qualunque cosa Dio voglia per me, va bene. Ho avuto una bella vita. Ho provato la bellezza”.