Non esiste, oggi, al mondo un disco che non suoni derivativo, tanto che se volessimo ascoltare solo ciò che non lo è, probabilmente metteremmo sul piatto esclusivamente dischi risalenti nel tempo, talvolta lontanissimo. Poi, ci sono artisti o band che sono più derivative di altre, e lo sono smaccatamente: abbracciano un suono e una filosofia musicale, e li sviscerano indifferenti alle mode, agli anni che passano, al rischio di passatismo. E’ il caso dei danesi Blindstone, una band che si è fermata agli anni ’60 e ’70 e continua a sfornare album che sembrano essere stati concepiti e prodotti proprio in quel periodo leggendario. Il trio è stato il segreto meglio custodito del lato pesante del blues rock per ben due decenni, ma ora, che la band si è accasata con l’etichetta Mighty Music, finalmente è uscita dalla nicchia e sta ottenendo il riconoscimento che merita.
Scars To Remember è il decimo album in studio di questo power trio che viene dal freddo e che, come si diceva, affonda le sue radici stilistiche alla fine degli anni '60 e l’inizio dei '70, traendo ispirazione da autentiche istituzioni quali ZZ Top, Jimi Hendrix, Robin Trower e Jeff Healey, solo per citare alcuni riferimenti che potrete cogliere nelle dieci tracce in scaletta.
Formatisi più di vent'anni fa, i Blindstone hanno ottenuto una discreta visibilità soprattutto negli Stati Uniti, dove hanno pubblicato la maggior parte dei loro album con l’etichetta americana Grooveyard Records. La band, poi, è uscita dalla penombra di una carriera ottima ma sempre sotto traccia, quando, nel 2020, ha rivestito il ruolo di gruppo di supporto per la leggenda del blues Walter Trout, per una serie di concerti di successo in giro per la Danimarca.
Se l’approccio della band è, come già precisato, squisitamente derivativo, è però del tutto evidente che il lavoro del trio non si limita al frusto copia incolla di moduli inevitabilmente usurati. I Blindstone, infatti, scrivono ottime canzoni, hanno cura del suono, posseggono un background filologico da grandi appassionati del genere e insufflano nella scaletta un’energia debordante, che ricorda più una band di incazzati ventenni che un gruppo di vecchie volpi che hanno superato abbondantemente la quarantina.
Come sempre, il lavoro chitarristico di Andersen è la chiave di volta della proposta, così come lo è l’affiatamento dello stesso con una sezione ritmica arcigna ma estremamente dinamica. L'universo lirico della band, poi, ha raggiunto nuovi livelli di profondità nella collaborazione con il paroliere svedese Peter Svensson, che ha contribuito ai testi di gran parte dell'album, concentrandosi su temi alti come la pandemia globale e la guerra in Europa, come è evidente in canzoni quali la title track, "Drums Of War" e "Drifting Away".
Se amate il genere, il consiglio è quello di alzare il volume dello stereo a palla e imbracciare la vostra air guitar, preparandovi a una ondata elettrica che non lascia scampo. "Embrace The Sky" parte rapidissima dalle parti dei Led Zeppelin, dispiegando, poi, un ritornello uncinante, il riff scalciante di "Down For The Count" è hendrixiano al midollo, "Waste Your Time" è un duello all’arma bianca fra ZZ Top e Jeff Healey, "Drums Of War" è marziale, sinistra, incandescente, e "Drifting Away", l’unico brano che abbassa i giri del motore, si incammina meditabondo verso atmosfere cupe e notturne.
Non c’è una virgola fuori posto in questi quarantacinque minuti che tirano a lucido un genere abusato ma qui rivisto con appassionata urgenza. Tanto che Scars To Remember si candida a essere uno dei vertici della discografia dei Blindstone, una band che merita tutta l’attenzione che, purtroppo, negli anni passati, non ha avuto.