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REVIEWSLE RECENSIONI
09/03/2022
Once Human
Scar Weaver
Spariti per cinque anni, i losangelini Once Human tornano sulle scene con il loro disco migliore.

Ci stavamo quasi dimenticando dell’esistenza dei Once Human, visto il lungo iato che ha separato la loro ultima uscita (Evolution, 2017) da questo nuovo Scar Weaver. Cinque anni, nell’attuale panorama musicale, sono tantissimi, band sono nate, altre si sono sciolte, alcune hanno scalato l’impervia rampa che porta al successo. Alla fine eccoli di nuovo, capitanati come sempre dalla conturbante Lauren Hart, e da Logan Mader, chitarrista già alla corte dei Machine Head e dei Soulfly (qui, anche in veste di produttore), con un disco a cui la lunga gestazione ha fatto un gran bene, dal momento che possiamo tranquillamente definirlo il miglior episodio dei tre pubblicati fino a oggi dal gruppo losangelino.

Meno diretto e più spigoloso, Scar Weaver porta a compimento il concetto di un metal contemporaneo e dinamico, sintesi fra mealodic death e arrembante groove, feroce, aggressivo, e presentato in un involucro di precisione da filo spinato sonoro. Una scaletta non facilmente digeribile (men che meno se non siete appassionati del genere), e complessa anche sotto il profilo dell’architettura delle canzoni, su cui è stato fatto un lavoro certosino, per dare profondità alla composizione ed esaltare i riff tecnici, ossianici e urticanti di Mader.

E che si tratti dell’oscura "Cold Arrival", delle atmosfere vitree di "Deserted" (con quello splendido lavoro alla chitarra che ricorda Dimebag Darrell) o della potenza minacciosa della luciferina "Erasure", non si può non sottolineare l’impressionante prova vocale della Hart: il suo screaming belluino, eppure incredibilmente misurato, trafigge i padiglioni auricolari, evitando con metodo ritornelli diretti o ovvi, e qualsiasi concessione alla suggestione melodica.

Un disco che non fa prigionieri, quindi, che colpisce con brutalità pur non disdegnando dinamici slanci groove (la notevole "Deadlock", cantata insieme a Robb Flynn dei Machine Head), e a cui una produzione impeccabile conferisce un’identità di suono che nei precedenti capitoli era mancata. Scar Weaver è esattamente il tipo di disco che la band aveva bisogno di realizzare, per tornare prepotentemente sulla scena e riprendersi la prima linea della mischia. Ben fatto!