L'incipit guarda proprio a uno dei capisaldi della commedia classica americana, quell'Indovina chi viene a cena? che poteva vantare un cast eccezionale composto da Spencer Tracy, Katherine Hepburn (protagonisti nella vita di una storia d'amore all'epoca scandalosa e chiacchierata) e da un giovane Sidney Poitier. Quest'ultimo è il giovane fidanzato nero della figlia dei due attori di cui sopra; soprattutto il padre farà una certa difficoltà ad accettare la relazione della figlia con un afroamericano nell'America ancora bigotta e perbenista degli anni 60. In Get out l'idea di partenza è la stessa: Rose Armitage (Allison Williams) organizza un weekend nella lussuosa residenza della sua famiglia per presentare ai genitori il suo nuovo fidanzato, il fotografo nero Chris Washington (Daniel Kaluuya). Chris è un po' preoccupato dal fatto che Rose non abbia esplicitato alla sua famiglia, fratello compreso (Caleb Landry Jones), il colore della pelle del nuovo partner. A differenza di quel che accadeva a Sidney Poitier nei 60, Chris viene accolto a braccia aperte, la famiglia di Rose, composta dal padre Dan (Bradley Withford) e dalla madre Missy (Catherine Keener), è una famiglia moderna; Dan adora Obama, le loro idee sono inclusive e progressiste, il ragazzo sembra dover diventare un amicone ben accetto nel nuovo nucleo familiare.
Però. Perché c'è sempre un però. Nel tempo trascorso con gli Armitage, Chris ha l'occasione di girovagare per la tenuta: casualmente nota che il giardiniere di famiglia (Marcus Henderson) è un nero, la domestica Georgina (Betty Gabriel) pure, il padre di Rose imbarazzato quasi se ne scusa con il potenziale genero, inoltre entrambi i "servitori" sembrano avere qualcosa di strano e inquietante che inizia a mettere in allarme il giovane. Le sensazioni sgradevoli aumentano quando nella villa inizia il raduno degli amici di famiglia durante il quale Chris si imbatterà nella presenza di altri personaggi molto strani (e neri). Cosa c'è che non va nel giro di conoscenze della famiglia Armitage?
Ciò che sembra premere al regista Jordan Peele (nero), più che la costruzione di un film horror o di una commedia, classificazioni che qui lasciano il tempo che trovano, è il discorso sull'integrazione, sul rispetto, sull'accettazione della popolazione nera in America che purtroppo dagli anni 60 a oggi non ha fatto questi grandi passi in avanti. Il film arriva in un momento storico nel quale in America la parità di trattamento tra le razze sembra stia regredendo invece di progredire, episodi violenti ai danni di cittadini neri da parte delle forze dell'ordine, l'elezione di Trump alla Casa Bianca sono tutti segnali che non lasciano ben sperare. Scappa - Get out è una puntuale metafora di una situazione che a un regista di colore non poteva non stare a cuore; purtroppo lo stesso titolo del film non lascia intravedere molte speranze, alla fine, come per alcuni versi accade anche nella pellicola, per i neri sembra non rimanere altro da fare se non scappare lontano da quella classe gretta (e purtroppo dirigente) composta in maggioranza da bianchi e magari anche da qualche "fratello", fagocitato, asservito e inglobato nella mentalità suprematista e predatoria dei bianchi.
Dietro un'impostazione narrativa leggera si nasconde (ma neanche tanto) un discorso forse risaputo ma estremamente importante e delicato. Nonostante in sé il film non abbia nulla di memorabile, si lascia apprezzare per una buona riuscita unita a un discreto valore politico, qualità che sono valse a Get out un Oscar per la miglior sceneggiatura originale (sempre di Peele) e diversi riconoscimenti in numerosi festival. Un ottimo risultato se teniamo conto del fatto che questo per Peele è il primo film dietro la macchina da presa.