Tra le innumerevoli qualità che si possono imputare ai Twenty One Pilots c’è sicuramente il coraggio e l’autonomia creativa. A qualsiasi punto della loro carriera o storia personale si siano trovati, hanno sempre reagito realizzando gli album, le canzoni o i concept di cui avevano bisogno e in cui si rispecchiavano di più: la varietà melodica di Vessel (2013), meravigliosamente in equilibrio tra suono dolce/felice e liriche introspettive più o meno velate di tristezza; la lotta con l’ansia e la depressione a tinte decisamente più oscure del successo planetario di Blurryface (2015) e la cupezza raffinata, anticommerciale e magistralmente stratificata di Trench (2018). Uno dopo l’altro dei piccoli grandi gioiellini di alternative-emo-synth-pop, sempre innovativi e spesso avanti di almeno un anno sul loro tempo, tanto che gli artisti che si sono rifatti alle loro sonorità e alle loro modalità espressive e compositive si sprecano. L’uso dell’ukulele nell’alt-pop? La miscela di hip-hop, cantato rap, synth e pianoforte? Sono solo alcune delle caratteristiche che ora risultano tanto comuni da essere quasi banali, ma che quando i Twenty One Pilots le hanno proposte per la prima volta erano assolutamente inconsuete e del tutto innovative.
Quella del duo Tyler Joseph (voce, testi, synth, piano e produzione) e Josh Dun (batteria) è una storia in ascesa a livello di popolarità (hanno addirittura vinto il premio come migliore fanbase nel 2017) e di capacità compositiva e creativa, oltre che un tortuoso percorso nel mondo delle ombre, delle ansie e delle paure, che da sempre accompagnano la mente di Tyler. Arrivati a Trench si era giunti quasi ad un culmine, per quanto riguarda la competenza tecnica e il grado di innovazione sperimentale proposta, e un passo successivo era davvero difficile da immaginare. Nel frattempo però nella vita di ognuno accadono molte cose e, fortunatamente, in quella dei due ragazzi sono successe anche cose belle: Tyler ha avuto una figlia dall’amata moglie Jenna e Josh si è felicemente fidanzato. E questo fattore, per un’anima profondamente sensibile ed emotiva come quella di Tyler, non poteva che essere un chiaro indizio di dove avrebbero potuto dirigersi le sonorità di un ipotetico nuovo album.
Così infatti è stato: Scaled and Icy è forse l’album più ottimista dei Twenty One Pilots. Certo, le ombre e le ansie sicuramente non si possono dimenticare facilmente (e infatti in diversi testi si ritrovano), ma nel complesso l’atmosfera è più serena, l’animo è un po’ più in pace e si respira un'allegria e una vivacità prima quasi inimmaginabili. Si ritorna a una struttura delle canzoni meno articolata e ogni traccia, per quanto sempre ricca di spunti, influenze e stili diversi, torna ad essere più semplice e luminosa. Torna il pianoforte e un mood molto più vicino a Vessel e ai Twenty One Pilots delle origini (Regional at Best, 2011 e Twenty One Pilots, 2009), per quanto inevitabilmente segnati dal percorso svolto, come si percepisce in particolare nelle ultime due tracce, “No Chances” e “Redecorate”.
Rispetto alle produzioni precedenti, però, vi è forse un’attenzione altalenante all’armonia complessiva e alla strutturazione della tracklist. Le prime sei tracce sono le più a fuoco: coese, semplici, umilmente sperimentali e solari. Il sereno ottimismo di “Good Day”, che apre le danze segnando la via e il senso dell’album, dove sentiamo dire per la prima volta a Tyler: «So che è difficile credermi, è una bella giornata. Oggi è una bella giornata e non si sa mai quando ci verrà mostrata la prossima, quindi canterò la mia anima. Sto bene, penso di stare bene, è una bella giornata». “Choker”, dove Tyler inizia lamentando l’incapacità di essere presente per le persone più importanti della sua vita perché troppo impegnato a soffocare le proprie paure, ma poi inizia a guardare al futuro con atteggiamento di speranza: «il giorno va avanti, il sole si muove dietro di te. Diventi più alto, più audace, più forte e lo specchietto retrovisore ti acceca solo». A seguire quelli che sono forse i due migliori brani del disco: la bellissima “Shy Away”, che incoraggia a superare imbarazzi e paure e a perseguire senza paura i propri sogni, e la più elettronica “The Outside”, dove Tyler critica l’industria musicale e l’inevitabilità con cui passa da un’artista all’altro, creando logiche mainstream che appiattiscono ogni creatività e peculiarità. Con la dolce e allegra “Saturday” c’è la dichiarazione d’amore alla moglie Jenna, che lo ha aiutato a superare il lockdown e le sue difficoltà, mentre con la vivace “Never Take It” c’è un’energica critica alla tossicità dei media che ci circondano.
Arrivati a “Mulberry Street” i toni iniziano a calare e il risultato è un po' banale, come scontati sono i cori di “Formidable”, che con il loro “yeah-yeah-yeah” rendono troppo superficiale una canzone altrimenti abbastanza carina, che, oltretutto, è una dichiarazione di stima e amicizia al compare e batterista Josh.
Si torna ad alzare il livello con l’ottima “Bounce Man”, con cui si inizia a trovare un ponte con il precedente Trench, per poi giungere alle già citate “No Chances” e “Redecorate” che però, per quanto davvero molto belle, risultano quasi stonate per l’economia complessiva, in quanto appartenenti ad un mondo precedente, nel suono, nell’atmosfera, nelle liriche e negli intenti: “No Chances” sembra quasi una outtake di Trench e “Redecorate” affronta temi più depressivi e rievoca atmosfere più vicine a Blurryface. Se Scaled and Icy è un manifesto di un nuovo stato mentale, più sereno e pacificato, perché terminare con toni simili?
Nel complesso Scaled and Icy (che può anche essere letto come l’anagramma di “Clancy is Dead”, in riferimento al protagonista di Trench) è un album molto piacevole, scorrevole nei suoi 37 minuti di musica, ma forse leggermente fuori fuoco e meno curato nei dettagli rispetto ai precedenti lavori. Non il migliore risultato a cui si poteva auspicare, quindi, ma visto il livello e la qualità di cui i Twenty One Pilots sono capaci, si può comunque contare su un ottimo disco, che farà felici sia gli ascoltatori occasionali, che ne ricaveranno un piacevole e vivace ascolto alt-pop da canticchiare, sia i fan, che potranno godere di un piccolo “ritorno alle origini” in termini di stile, ma soprattutto della gioia del vedere i loro idoli finalmente in pace e circondati da un po' d’amore e non solo da ombre scure e ansie depressive.