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REVIEWSLE RECENSIONI
06/02/2025
Mardi Gras
Sandcastle
“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”, scrisse Seneca secoli or sono. I Mardi Gras, al contrario, conoscono profondamente la rotta da seguire. Circumnavigare all’interno delle emozioni del loro quarto album, Sandcastle, è puro magnetismo capace di condurre a lidi psicologici ancora vergini.

La vita a volte è uno zefiro con il potere di sferzare colpi davvero crudeli, ma la forza, la potenza di un’emozione è capace di prenderci per mano e condurci alla luce con nuove consapevolezze; solo chi ha visto bene il passato guarderà meglio il futuro. L’uomo è fatto per rompersi, immagine questa che ci accompagnerà al fulcro, al disegno iniziale del progetto musicale della band, a dove tutto è iniziato.

America, Jersey City. Nicholas è un ragazzo geniale ma non realmente compreso perché timido e introverso, proprio per questi tratti caratteriali è bullizzato dai suoi coetanei e, come se non bastasse, il ragazzo dovrà superare un’ennesima prova con se stesso e il mondo che lo circonda: sua sorella Cecilia subirà un tentativo di violenza e, come l’araba fenice, lui dovrà rinascere dalle ceneri della propria rabbia, del suo dolore e reagire. Nicholas non si arrenderà di fronte a questa realtà, anzi, cercherà di trovare chi ha provato a fare del male a Cecilia. I due fratelli sono infatti legati da un forte vincolo di sangue, esistono soltanto insieme, uniti nel mezzo dei tentennamenti emotivi contenuti nel grande potere dell’esistenza. Quanto si è disposti a mettersi in gioco per amore?

Sebbene la vita sia un copione non scritto il cui finale ci sarà svelato a tempo debito, senza dubbio la tenacia di un tale sentimento è in grado di trasformare noi stessi e mutare il corso del nostro destino.

 

Sandcastle non è solo il titolo del nuovo lavoro del gruppo che vede rispettivamente Liina Rätsep alla voce, Fabrizio Fontanelli alla chitarra acustica, Alessandro Matilli al piano e alle tastiere, Carlo Di Tore Tosti al basso, Valerio Giovanardi alla batteria e Fabrizio Del Marchesato alla chitarra elettrica, ma è anche il titolo del libro di Sante Sabbatini, Francesco Braida e Filippo Novelli, opera dalla quale la band è stata ispirata per dare vita al nuovo lavoro. Un album che diviene un viaggio introspettivo ricco di tensioni emotive, capace di mettere in primo piano le fragilità dell’uomo esaltandone allo stesso tempo la forza e la bellezza.

Il progetto è anche un magico graphic musical dal titolo Sandcastle la danza della sabbia, disegnato dallo stesso Filippo Novelli, tanto che il graphic musical e il disco diventano due oggetti quasi inseparabili, come i due fratelli di cui racconta l’opera.

 

Bukowski sosteneva che non v’è cosa che leghi di più che trovare parti di te in qualcun altro; in questo caso si tratta di qualcos’altro, trattandosi di un album. Un lavoro dove cotanta bellezza è percepibile già dal primo brano “The dance of the sand”, ove la polvere dorata che si sublima attraverso l’eterea ma potente voce di Liina conduce in mondi fuori dal reale: “I know that you have lived twice, but you’ve never, truly never try to reach me”.

“Cinematica” scorre nelle vene come linfa vitale alimentata dai potenti riff di chitarra e ordina con voce suadente ma decisa di non arrendersi, di tornare in superficie dopo il naufragio: “I’m looking for my grace […] What is the prize, it’s the blessing of the day”.

Nella seguente “Lia’s theme” si respira la speranza e si materializzano come per magia fiori d’acciaio dai leggiadri petali fatati: “Speak to me from the garden. No more rest. Golden rays, old trees. Empty words mean revenge”. Mentre in “After the fire” cerchi di fuoco circuiscono il cuore: musa, protettore del sacro. La musica chiama a sé, come il canto delle sirene per Ulisse: “Found myself alone at night. I heard you calling one more time. Lie here, a new day, a last call. Saviour of your rotten soul. All the moments on your own”.

Continuando il viaggio, questa folle sensazione di vita che precipita per poi ricomporsi, troviamo anche le bellissime “Cross the line” e “Wake Up”, che ci condurranno alla fine dell’incanto vissuto.

 

I Mardi Gras sono lo specchio della musica di qualità, le ali di un cuore infuocato dalle tinte viola, volto a rappresentare la metamorfosi racchiusa nella spiritualità dei battiti del mondo. Per l’ultima danza, nella risma di pensieri finali non v’è nulla di più fulgido del volteggiare attraverso le parole di Alda Merini: “Quando senti qualcosa che ti fa vibrare il cuore, non domandarti mai cosa sia, ma vivilo sino in fondo, perché quel brivido, quella sensazione, si chiama vita”.